Sono assolutamente convinta che le opere di Frank Lloyd Wright abbiano il potere di incarnare perfettamente lo spirito degli Stati Uniti. In effetti le sue strutture racchiudono la parte migliore di questo continente sconfinato: il legame con la natura, gli affacci su panorami sconfinati e infine il caldo conforto del focolare domestico.
Se fino ad ora vi ho raccontato soprattutto dell’evoluzione della pittura americana (vi siete persi il discorso? Ecco dove inizia: Esiste una vera “arte americana”?), credo che sia anche doveroso spendere almeno un articolo per parlare dell’architettura organica, un ambito interessante e sicuramente importante. Quindi mi auguro che siate pronti ad immergervi in una serie di opere fondamentali per capire e apprezzare quello che Frank Lloyd Wright continua ad avere da raccontare, anche a 150 anni dalla sua nascita.
01. La Casa e Studio ad Oak Park, Chicago (1893-1898)
Tra tutte le opere di Frank Lloyd Wright, paradossalmente la prima casa/studio che ha progettato per se stesso è tra le meno rappresentative e immediatamente identificabili.
Allora perché inserirla in questo elenco?
Principalmente mi vengono in mente due motivi. In primo luogo, questo progetto ci dice qualcosa dell’architetto prima della trasformazione nel grande maestro, quando ancora seguiva gli insegnamenti di Louis Sullivan ed in generale della Scuola di Chicago. (Per saperne di più, ecco il link ad un articolo dedicato a Chicago e allo sviluppo della sua architettura)
Ma non fraintendetemi: nonostante le influenze visibili la casa e studio di Frank Lloyd Wright non ha niente in comune con le altre coeve che si affacciano sulle stradine del signorile sobborgo di Oak Park (Chicago). I prospetti sono caratterizzati da originalità e spontaneità, mentre all’interno si vede una versione sfocata delle scelte che caratterizzeranno tutta la sua carriera.
Ad esempio il camino gioca un ruolo centrale, anche se non rappresenta ancora il cuore della casa, mentre i locali di abitazione si avvicinano ad un unico open space (punto cardine dei suoi successivi progetti), anche se ci sono ancora ampi tendaggi per dividere gli ambienti all’occorrenza. Si può poi notare ovunque una grande attenzione nei confronti dell’illuminazione naturale o comunque diffusa, sensibilità che crea sempre una certa gradevolezza nella sue realizzazioni.
La seconda ragione per apprezzare questo edificio è la bellezza dello studio di progettazione di Wright, l’atelier di un attento professionista che a fine Ottocento era assolutamente all’avanguardia. So che da “collega” sono di parte, ma vedere uno spazio così ampio e luminoso a disposizione dei collaboratori e degli apprendisti mi ha davvero fatto un certo effetto.
02. La Robie House, Chicago (1910)
La Casa Robie è invece l’emblema della prima celeberrima fase delle architetture di Frank Lloyd Wright, quella delle Prairie Houses, o per meglio dire case della prateria, pur essendo situate nella prima periferia della città, in quelle zone destinate a diventare sobborghi residenziali con l’avvento della rete metropolitana e ferroviaria.
Questi progetti sono caratterizzati da prospetti con un forte andamento orizzontale, chiusi dall’esterno ma curiosamente permeabili alla luce e al verde dall’interno. Gli ambienti ruotano intorno ad un grande open space (nella fotografia in basso), a sua volta sviluppato intorno ad un grande camino.
In particolare, Casa Robie si distingue e merita di essere citata per la ricercatezza dei dettagli. È sufficiente osservare le lampade o le decorazioni delle vetrate e del soffitto per capire che ci troviamo di fronte ad una vera opera d’arte.
Se volete sorridere, guardate l’ingrandimento del muro perimetrale: notate come l’andamento orizzontale sia sottolineato non soltanto dai mattoni larghi e piatti realizzati su misura ma anche dal diverso impiego della malta?
La separazione orizzontale dei corsi è enfatizzata da uno spessore notevole e da un colore bianco, mentre la divisione verticale tra un mattone e l’altro è annullata da un sottile strato di malta di colore più rosato.
Questa cura per i dettagli la dice sicuramente lunga sulla genialità di Wright, anche se bisogna anche ricordare che questa casa all’epoca è costata quanto circa 17 case normali!
03. La Casa sulla Cascata, Mill Run (1936-1939)
La Casa sulla Cascata mostra invece una sfaccettatura più modernista dell’architettura di Wright, che sicuramente aveva visto quello che aveva combinato in Europa gente del calibro di Mies Van Der Rohe e Le Corbusier.
La sua bellezza è sicuramente nella posizione paesaggistica, ma sarebbe errato fermarsi qui, visto che si tratta di un ardito esperimento strutturale, come vi ho già raccontato in un altro articolo; se ve lo siete persi vi invito a curiosare, anche perché non mi ripeto in questo elenco già bello corposo: In equilibrio tra emozione e tecnica: la Casa sulla Cascata di Wright)
04. Kentuck Knob, Chalk Hill (1953-1956)
Tra le case che ho avuto la fortuna di vedere la scorsa estate vi posso dire che Kentuck Knob è forse stata quella che mi ha sorpreso di più. Si tratta di un’abitazione un po’ successiva alla Casa sulla Cascata ma situata a venti minuti di macchina, appartenente alla serie delle Usonian Houses.
Se vi state chiedendo di cosa si tratti, vi posso dire che ho scoperto che le Usonian Houses sono le abitazioni americane dell’America post grande depressione. Se le Prairie Houses avevano come modello le capanne dei pionieri e gli spazi sconfinati, queste si riducono di dimensioni e fanno della funzionalità il loro cavallo di battaglia.
Il risultato è sconvolgente, dal momento che conduce a cucine modernissime, a comode sale da pranzo con penisola e allo sfruttamento dell’irraggiamento solare e delle correnti d’aria per rendere confortevoli gli ambienti.
Siamo negli anni Cinquanta e le opere di Wright sono studiate per favorire la circolazione dell’aria, il riparo dal sole d’estate e il passaggio della luce calda in inverno. Un po’ come succede da noi negli ultimi anni, non vi pare incredibile?
05. Il Guggenheim Museum, New York (1959)
Non potevo che chiudere questa sbrigativa carrellata con il Guggenheim Museum di New York, commissionato dallo stesso Solomon Guggenheim a Frank Lloyd Wright, che a Manhattan non aveva ancora avuto l’onore di progettare niente.
Qui il concetto di architettura organica, corrente ideata dallo stesso Wright per indicare l’attenzione progettuale nei confronti del rapporto con la natura e del mantenimento di una scala “umana”, viene realizzato su larga scala.
L’edificio, che ricorda per certi versi una conchiglia, assume una forma che dipende soltanto dalla migliore fruizione delle opere al suo interno. La grande rampa, con tanto di lucernario che fa piovere la luce dall’alto, è il modo migliore per passeggiare tra le sale e soprattutto presenta dimensioni tali da far sentire il visitatore a sua agio. Nonostante l’eccentricità apparente, questo museo non sovrasta che lo guarda per la prima volta, ma al contrario lo guida passo dopo passo attraverso il percorso espositivo.
Vi confesso che vederlo dal vivo è stato bellissimo: mi è piaciuto molto notare come ogni scelta sia ragionata e tutto sommato semplice, non come accade a certe mediocri stravaganze che oggi ci siamo troppo spesso abituati a vedere, soprattutto quando si parla di archistar.
Bene, mi sono accorta di avere scritto più di mille parole, quindi credo proprio che sia giunto il momento di fermarmi. Che dite, vi è piaciuto leggere un po’ di Frank Lloyd Wright e delle sue architetture? Sono riuscita a farvi venire voglia di approfondire questa sommaria carrellata? Mi auguro proprio di sì 😉
P.S. Spero che le fotografie vi siano piaciute, visto che sono quasi tutte opera mia (o del mio compagno di viaggio!)