L’adorazione dei Magi: incisioni che raccontano l’Epifania

Il tema dell’adorazione dei Magi è sin dalla fine del ‘400 un argomento con cui i più grandi incisori si sono confrontati.

In occasione dell’Epifania cerchiamo di raccontare per immagini l’evoluzione iconografica e tecnica del tema. Abbiamo scelto una serie di incisioni che abbracciano più secoli, ma in grado di descriverne lo sviluppo.

Martin Schongauer è stato uno dei primi incisori a rappresentare a bulino, l’incisione diretta su rame, l’adorazione dei Magi. Eseguita fra il 1470-78 circa, l’opera ha un’impostazione nordica e tardogotica. La scena è ambientata all’interno di rovine classiche ed è caratterizzata dall’assenza di San Giuseppe. Lo sviluppo è verticale e le tre figure dei Magi sono centrali nella composizione. Il segno indaga la ricchezza dei doni, i dettagli e l’eleganza degli abiti. Schongauer ci mostra i minimi particolari, come gli speroni e il copricapo posato a terra, il cane, la pianta e il corteo pronto ad omaggiare Gesù. I segni del bulino hanno un vocabolario ampio: diventano allungati per la descrizione della capanna, si addensano per creare ombre, mentre la pressione varia per la morbidezza delle vesti. Una scena di corte in un contesto nordico di fine ‘400.

Martin Schongauer, l’adorazione dei magi, bulino 1470-78 circa

Pochi anni più tardi, nel 1511, Albrecht Dürer, il maestro di Norimberga, incide in xilografia, la matrice su legno, lo stesso tema. Lo sviluppo è ancora una volta verticale, ma la Vergine e i personaggi sono di profilo e Durer utilizza la struttura architettonica della capanna per fare una quinta teatrale in cui inserire la scena. Un basamento tra due colonne separa lo spazio dell’arte da quello dello spettatore. Il segno xilografico è ai massimi livelli, Durer utilizza un tono medio per definire lo spazio tra le figure in primo piano e quelle sullo sfondo. Da una base omogenea “grigia” ricava zone d’ombra e di luce per definire volumi, oggetti e volti. La rappresentazione della corda annodata è un vertice tecnico-compositivo unico.

Albrect Durer, l’adorazione dei magi, xilografia 1511

Nello spazio bianco compare la stella a sei punte simile alla “Stella di David” o “Sigillo di Salomone”. Particolare attenzione alla resa della materia, il legno e la pietra. Nella iconografia del tempo gli edifici che facevano da sfondo alla natività avevano un preciso significato: le strutture in legno rappresentavano la religione ebraica, quelle classiche in pietra indicano la religione cristiana. Infatti, la nascita di Gesù era legata alla nascita del Cristianesimo e al tramonto dell’Ebraismo.

Un particolare dell’adorazione dei magi di Durer, dove il vocabolario segnico raggiunge alti vertici

In Italia, nel pieno Cinqecento, Niccolò Vicentino intaglia un chiaroscuro derivato da un soggetto di Parmigianino. La tecnica si ottiene dalla sovrapposizione di più matrici in legno che generano più colori sul foglio. Le figure sono tipiche del Manierismo: i corpi sono allungati, le posture serpentinate e sinuose. Il blocco di legno bianco restituisce colpi di luce come fosse biacca sul dipinto.

Niccolò Vicentino, Adorazione dei magi, chiaroscuro 1540 circa

In questo viaggio nell’iconografia dell’adorazione dei Magi, presentiamo anche un lavoro di un autore meno noto, la cui opera deriva da un dipinto di Veronese ora alla National Gallery. Carlo Sacchi nel 1649 intaglia questa lastra all’acquaforte, la tecnica indiretta ottenuta con le morsure di acido. L’impostazione è scenografica, con incredibili effetti di luce nella resa del raggio diagonale che attraversa l’opera.

Un particolare dell’adorazione dei Magi di Carlo Sacchi, da Veronese 1649

La composizione è dominata da un’imponente architettura classica, ma anche da colonne in rovina che alludono alla fine del mondo pagano. Le molteplici morsure offrono una vasta gamma di valori tonali, il segno è molto fitto, disinvolto e morbido, efficace nella resa dei panneggi e dei personaggi accalcati vicino a Gesù. Sacchi si serve di righe parallele continue e tratteggiate su cui apporre le diagonali. L’irregolarità degli incroci permette all’autore una varietà di effetti per la resa volumetrica e luministica dei materiali.

L’adorazione dei magi di Carlo Sacchi, acquaforte 1649

Nel ‘600 la tecnica dell’incisione a bulino raggiunge i massimi vertici con la scuola di Rubens. Lucas Vorsterman incide l’adorazione dei Magi derivata proprio dal maestro di Anversa. La composizione mostra i Magi e la Sacra Famiglia in primo piano in un interno. Dietro di loro una folla di personaggi cerca di sporgersi per osservare meglio la scena. A illuminare la scena, un notturno, sono due figure che tengono in mano le torce. Il bulino diventa quasi uno strumento pittorico nella resa di toni e tinte. Il segno varia sia nella larghezza che nella pressione. L’incisore combina l’uso del puntinato con profondi tratti, molto vicini, per ottenere gradazioni di grigio fino al nero intenso. Anche nei toni medi la descrizione di abiti ed espressioni è sorprendente.

Lucas Vorsterman, adorazione dei magi 1620 circa, bulino

Chi ha affrontato il tema secondo una prospettiva personale e del tutto innovativa è Rembrandt. L’artista non presenta la solita scena, bensì segue la tradizione olandese. Il 6 gennaio gruppi di bambini e adulti attraversavano la città di notte per raccogliere dei doni. Ogni gruppo aveva con sé una lanterna di carta a forma di stella, proprio per rievocare l’episodio della stella che condusse i magi a Betlemme. Rembrandt rappresenta l’episodio al buio, la luce della stella permette di scorgere i personaggi, mentre sullo sfondo si vedono alcune finestre da cui filtra la luce. Un’altra stella illumina una piccola via in lontananza che rischiara anche altre case. Il segno all’acquaforte è molto fitto, denso, vellutato. Il nero predomina, ma non è mai uniforme. È tonale. Dal buio emergono gli elementi, un processo compositivo in cui tutto si svela piano piano.

 

Rembrandt, La stella dei magi, 1651, acquaforte

Chiudiamo questo piccolo viaggio nel tema dell’Epifania con l’adorazione di Magi di Giambattista Tiepolo. La luce è protagonista indiscussa di questo lavoro, tanto che intere aree vengono lasciate bianche, prive di morsura dell’acquaforte. Il segno è spezzato, i contorni non chiudono mai le figure, la luce filtra, irradia le figure. L’iconografia è classica, ma grazie a trame rapide e vibranti, tratti febbrili, Tiepolo riesce a creare un’atmosfera sospesa, moderna, in cui illusione e realtà si fondono alla perfezione.
Luigi Benelli

Giambattista Tiepolo, l’adorazione dei magi 1753