Tra le pubblicità e i programmi televisivi, credo che a tutti sia già capitato di sentire il detto Less is more (Il meno è più), anche se quasi mai si specifica che la sua paternità appartiene all’architetto tedesco Ludwig Mies van der Rohe (1886-1969), teorico del Movimento Moderno, insegnante e preside prima del Bauhaus in Germania e successivamente dell’IIT (Illinois Institute of Technology) a Chicago.
Nelle tre parole che compongono il suo più famoso modo di dire si concentra tutta la sua visione dell’architettura, fatta di strutture ardite, di acciaio e vetro e di equilibri minimali. Le sue realizzazioni sono bellissime ma forse meno note rispetto a quelle di molte attuali Archistar, probabilmente perché non sono stravaganti o megalomani, però bisogna ammettere che, nel bene e nel male, hanno contribuito a forgiare l’attuale concezione di architettura contemporanea; lo sapevate?
Senza esagerare con le premesse, ecco sei opere per conoscere meglio questo grande architetto e per apprezzare il suo pensiero.
1. Il padiglione della Germania per l’Esposizione Universale, Barcellona (1929)

Se voglio parlare di Ludwig Mies van der Rohe e delle sue opere che hanno fatto la storia dell’architettura, non posso che iniziare da questo piccolo edificio progettato per l’Expo di Barcellona del 1929, simbolo del Movimento Moderno e di quel Bauhaus che in quell’anno non è ancora stato cancellato dal Nazismo.
Ne ho già parlato diffusamente qui: Il padiglione più bello (e famoso) mai progettato per un’Expo, quindi mi limito a mostrarvi qualche fotografia degli interni e ad invitarvi, se vi interessa, a proseguire seguendo il link.


2. Villa Tugendhat, Brno (1928-30)

In questi che sono i suoi anni d’oro in Europa, Ludwig Mies Van Der Rohe viene incaricato da una ricca famiglia di industriali di Brno di progettare una villa modernissima sulle colline che incorniciano la città (un posto paesaggisticamente molto bello), ed il risultato è una delle più belle abitazioni del Movimento Moderno.
Dovete sapere che per vedere dal vivo quest’opera io sono stata disposta ad affrontare una bella deviazione durante un viaggio in treno tra Praga e Vienna, con tanto di incredibile levataccia e di salti mortali. Eppure, la ricordo come un’esperienza bellissima e soprattutto come la prova che le architetture vanno viste dal vivo per comprenderne la grandezza, che spesso è percepibile attraverso gli spazi e le sensazioni.
In ogni caso, cercherò di descriverla al meglio, iniziando con alcune delle fotografie che ho scattato.
Mies van der Rohe gode di una condizione che è il sogno di ogni architetto: non ha limiti economici e, anzi, gli viene dato l’incarico di progettare sia l’architettura sia l’arredo.
Il risultato è stupefacente: si tratta di una villa di due piani residenziali che segue il declivio della collina, caratterizzata dalla pianta libera e dalla presenza di un enorme spazio destinato a soggiorno, sala da pranzo, spazio per la lettura e per la proiezione di film. I dettagli sono pregiati, come la presenza dei pilastri in acciaio cromato, di una parete intera in onice tagliato (come si può vedere in una fotografia) e di un’altra in ebano, così come tutti gli arredi sono elementi di design (penso che in molti abbiano riconosciuto le celebri poltrone Barcellona).
Quello che però rende incredibile questo progetto, almeno secondo me, è la sua modernità a livello tecnologico: siamo nel 1930 e questa villa possiede un sistema di riscaldamento e raffreddamento efficace, un’ampia autorimessa, quattro bagni (senza contare quelli per il personale) e delle grandi vetrate che scorrono fino a scomparire nel pavimento, per trasformare tutto il soggiorno in uno spazio aperto.
3. Il Campus dell’Illinois Institute of Technology, Chicago (1939-58)

Per sfuggire al regime nazista, Ludwig Mies van der Rohe negli anni Trenta fugge negli Stati Uniti, e bisogna dire che l’America, ed in particolare Chicago (sin dal secolo precedente capitale dell’architettura contemporanea), fin dal principio sa come accoglierlo.
Infatti, gli viene subito offerto il posto di preside della facoltà di architettura dell’Illinois Institute of Technology (posto che occuperà dal 1938 al 1958), e Mies ne approfitta per riprogettare l’intero campus. Io ci sono stata, e posso anticiparvi che si tratta, anche in questo caso, di uno spazio bello e ben costruito, in cui gli edifici sono organizzati ed immersi in uno scenario naturale davvero ben curato.
Prendendo ispirazione sia dalle costruzioni industriali sia dal classico schema delle università statunitensi, Ludwig Mies van der Rohe progetta un sistema modulare per l’ordinamento del campus, in cui rientrano i singoli edifici che non superano mai i quattro piani fuori terra.
I materiali utilizzati sono principalmente due: l’acciaio (il preferito del nostro architetto) ed il mattone a vista, caratteristico dei magazzini e dei fabbricati di quell’area di Chicago.
Ancora oggi, si possono rimirare venti edifici progettati da Mies, tutti utilizzati: da architetto, vi posso dire che ho trovato qualcosa di magico nel vedere gli studenti che preparavano i loro progetti in aule disegnate da un maestro di quel calibro!
4. Casa Farnsworth, Plano, Illinois, USA (1946)

Osservando Casa Farnsworth e paragonandola alla precedente Villa Tugendhat (realizzata sedici anni prima), ci rendiamo conto di come il pensiero di Ludwig Mies van der Rohe negli anni si sia raffinato e lo abbia condotto a semplificare ulteriormente le linee e i volumi, limando via ogni elemento superfluo. Dopotutto, queste sono le sue parole:
Nella sua forma più semplice l’architettura è ancorata a considerazione assolutamente funzionali, ma può ascendere attraverso tutti i livelli di considerazione fino alla più alta sfera di esistenza spirituale, nel regno della pura arte.
Maestri dell’architettura, Ludwig Mies van der Rohe, Hachette, San Giovanni Lupatolo, 2010.
Vi posso confessare che questa casa è il mio grande rimpianto: la scorsa estate le sono stata vicina ma non abbastanza da riuscire a visitarla: ero a Chicago ma non mi sono spinta in questo punto fuori mano, anche se mi sarebbe tanto piaciuto. Che fare, il tempo in vacanza non è mai abbastanza, ma vorrà dire che farò di tutto per tornarci (anche perché, pensandoci bene, bisogna sempre lasciare qualcosa indietro in caso di ritorno)!



Collocata in un contesto paesaggistica e progettata come seconda casa per il medico Edith Farnsworth, questa abitazione di 140 m² distribuiti su un unico livello è uno dei simboli della fase più matura del Movimento Moderno.
La struttura è in acciaio a vista e le pareti perimetrali sono completamente vetrate, mentre il solaio è sopraelevato di circa 1,5 metri da terra, contribuendo a dare l’idea di una casa lievemente appoggiata, quasi senza peso. L’ambiente è un grande ed adattabile open space e presenta al centro il blocco dei servizi: bagno, guardaroba e cucina.
Si tratta quindi di una struttura minimale, moderna funzionale, una sorta di ideale contemporaneo di architettura tecnologica.
5. Seagram Building, New York City, New York, USA (1958)

Un altro dei capolavori per cui Ludwig Mies van der Rohe è considerato un grande maestro ed un inspiratore è il Seagram Building, grattacielo di 38 piani realizzato a Manhattan.
Come potete vedere, anche in questo caso viene portata avanti l’idea di una costruzione minimale ma di pregio, in cui la struttura, anche in questo caso in acciaio, è la protagonista: in effetti la scansione tra gli elementi diventa l’unico ornamento presente, evidenziato dal colore del vetro e dalle finiture in bronzo in facciata.
A discapito dello smisurato valore fondiario di Manhattan che porta solitamente i costruttori a sfruttare ogni centimetro di terra, in questo caso, per ragioni compositive e di prestigio, la metà del lotto è occupata da una piazza con una fontana al centro, rivestita in travertino.
Il progetto del Seagram Building di Mies van der Rohe, oltre a originare forse il grattacielo più costoso del mondo, diventa immediatamente un riferimento ed un confronto obbligato per le generazioni successive.
6. Neue Nationalgalerie, Berlino, Germania (1962)

Con quest’ultimo progetto si assiste al ritorno di Ludwig Mies Van Der Rohe nel suo Paese natale, per la prima volta dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Quello che realizza a Berlino è un contributo alla ricostruzione di una capitale ferita, nelle forme di un museo che possa accogliere capolavori della storia dell’arte del XX secolo.




La Neue Nationalgalerie è un fabbricato costruito in acciaio e vetro, poggianti su un ampio basamento che nasconde un piano inferiore. Il piano terreno è destinato elle esposizioni temporanee e alla vendita, mentre l’interrato ospita la collezione permanente.
Come potete vedere, anche in questo caso la formula compositiva è sempre la stessa, così come i materiali, come a dimostrare il fatto che Ludwig Mies van der Rohe considerasse compiuta la sua ricerca.
Sembra di vedere una sorta di punto di arrivo, non trovate? Il paradosso invece sta nel fatto che ben presto il Movimento Moderno cadrà in disgrazia, ed il famigerato motto Less is more verrà storpiato in Less is a bore (Il meno è una noia)! Ma questa è un’altra storia, che spero di raccontarvi prima o poi 😉
Bene, mi sono accorta di avere scritto tantissimo, quindi credo proprio che sia giunto il momento di fermarmi. Che dite, vi è piaciuto leggere un po’ di Ludwig Mies van der Rohe? Sono riuscita a farvi venire voglia di approfondire l’argomento con questa sommaria carrellata? Mi auguro proprio di sì 🙂