Tra tutte le città americane, Chicago è senza dubbio la prima che vorrei vedere e conoscere al di là delle fotografie. Sarà perché ho studiato storia dell’architettura contemporanea all’università, o forse perché per me è l’emblema degli Stati Uniti, ma confesso di subirne il fascino. Ed è incredibile, specialmente se penso che soltanto duecento anni fa là non c’era nient’altro che prateria e acqua.
Come mai allora si è trasformata così tanto? A cosa si deve una tale evoluzione? E soprattutto, quali sono gli edifici assolutamente da vedere che simboleggiano le varie fasi della metropoli? Cercherò di spiegarmi e procederò con ordine, per cercare di trasmettere un po’ del mio interesse.
Fase 1: La cittadina affacciata sui Grandi Laghi
Ecco, per prima cosa la posizione geografica è fondamentale. Vicina all’importante via di comunicazione costituita dai Grandi Laghi, Chicago nasce come punto di scambio, un nucleo portuale da cui legname e carne partono per sostenere ed accrescere le ben maggiori città già esistenti nel continente. Poi, la ferrovia compie il miracolo.
Questo piccolo centro urbano costituito da casette di legno diventa un nodo cruciale per la corsa all’ovest, gettando le basi per una clamorosa espansione.
Fase 2: Dopo l’incendio del 1871

Si tratta di un evento drammatico, certo, ma per gli abitanti sopravvissuti della città in crescita la distruzione di gran parte delle case del centro si trasforma ben presto in un’occasione ghiotta.
In effetti in un tempo brevissimo (inimmaginabile per noi italiani), l’emergenza è risolta e inizia la gara per lo sfruttamento di queste centralissime porzioni di città nuovamente libere, decisamente appetibili. Il risultato? Un grande benvenuto ai grattacieli.
Finalmente qualcuno inventa l’ascensore, così il gioco è fatto e si può salire all’infinito, o quasi. Dai pionieri dell’acciaio e del vetro nasce qualcosa di grande, la Scuola di Chicago, fondata dai più arditi architetti/ingegneri del tempo: Louis Sullivan e Dankman Adler. Questa generazione arriva a definire quella che da questo momento diventerà l’architettura americana per eccellenza, espressa nei palazzi per uffici, nelle città verticali e ancora meglio nelle parole di Sullivan “La forma segue la funzione”, citazione che gli studenti di architettura anche oggi si sentono ripetere allo sfinimento.
Fase 3: 1893 – Columbian World’s Fair: non solo oggi quando si parla di Expo l’opinione si divide


Si tratta di un evento grandioso, nato per celebrare i 400 anni dalla scoperta dell’America (con un anno di ritardo, fatto che in tema di expo non stupisce). L’intento principale è quello di dimostrare che gli Stati Uniti riescono a stare al passo con la Francia (che nel 1889 nella stessa occasione propone l Tour Eiffel) e con la Gran Bretagna (che già nel 1851 aveva stupito il mondo con il Crystal Palace), le maggiori potenze mondiali del momento.
Il risultato però è controverso. Per farla breve, gli americani capeggiati dall’architetto Daniel Burnham abbandonano ogni pretesa avanguardista in favore dell’ostentazione di un linguaggio classicheggiante, realizzando sulla costa del Lago Michigan un nuovo borgo in stile europeo affacciato su canali artificiali e visitabile con delle simil-gondole.
Come dire, oggi ci può sembrare un po’ pacchiano! Quello che rimane, oltre all’opinione di Sullivan che dice che in questo modo l’architettura americana è retroceduta di almeno un vent’anni, è l’attuale museo di scienze naturali di Chicago, che è rimasto a testimonianza imperitura dell’evento.

Fase 4: Oak Park e gli altri sobborghi, sulle tracce di Frank Lloyd Wright
Il miglioramento dei mezzi di trasporto cittadinini, a partire dalla ferrovia sopraelevata (il loop) e poi verso l’esterno, trasformano Chicago nella classica città statunitense, composta da un centro verticalissimo e da una serie sconfinata di sobborghi residenziali, costituiti principalmente da villette (come si vede in tutti i telefilm o a scelta nel programma televisivo Fratelli in Affari!).

Tra questi, è doveroso citare Oak Park, quartiere decisamente benestante ad ovest del centro, che gode di notevole fama grazie alla presenza dello studio di un architetto niente male, Frank Lloyd Wright, che prima di dilettarsi con il Guggenheim di New York e con la Casa sulla Cascata è diventato famoso per le sue case nella prateria (e per prateria intendeva questo sobborgo urbanizzato).
Qui aveva lo studio e qui è nata l’idea di abbandonare ogni classicismo per rievocare la semplicità delle case dei primi pionieri (non a caso, dato il tema dei miei articoli), costruite intorno a un focolare e con materiali tradizionali.
Che dire, la formazione nello studio di Sullivan e Adler gli ha conferito una certa abilità tecnica, quindi perché non sfoggiarla in edifici raffinatissimi come la Robie House?
Fase 5: Oltre il postmoderno, Chicago oggi

Oggi Chicago è una città che mantiene le promesse e le premesse, continuando ad operare scelte moderne e intelligenti a livello di urbanistica e di crescita cittadina.
Oltre ad ospitare installazioni di grandi artisti (ad esempio Anish Kapoor), ha continuato i progetti dell’expo del 1893, mantendo l’area utilizzata al tempo come polmone verde cittadino. Esiste infatti una sconfinata zona verde affacciata sul lago Michigan, ampliata e rimodernata negli ultimi anni da quell’eccentrico di Frank Gehry, architetto che sicuramente riesce a farsi notare in ogni sua opera.
Fine 😉 Dopo questa lettura, spero di non essere l’unica pronta a fare le valigie e prenotare il primo volo!