Esattamente cent’anni fa in Germania apriva i battenti una scuola innovativa dedicata all’arte, all’architettura e al design, un’istituzione pubblica che sognava dei prodotti alla portata di tutti, immaginava un mondo di uguaglianza e accoglieva tra i suoi studenti il 40% di ragazze. Detta così sembra piuttosto futurista e utopica, non trovate anche voi? Eppure il Bauhaus è stato davvero tutto questo, e anche di più.
Così, oggi abbiamo deciso di celebrare questo centenario con un articolo in cui parleremo della storia e del pensiero del Bauhaus, della sua architettura simbolo a Dessau e degli esperimenti di design, iniziando come sempre dal contesto storico che ha portato a questa rivoluzione.
Siamo nel 1918 ed è appena terminata la Prima Guerra Mondiale, con la sconfitta della Germania. Nella storia dell’arte, così come in molti altri ambiti, questo grande conflitto spazza via gli ideali del passato e cambia le carte in tavola, tenendo conto di tutti i problemi sociali che nelle città sono sempre più difficili da gestire.
In architettura, è infatti a partire da questo momento che in Europa prende piede il Movimento Moderno, o Razionalismo se preferite, introducendo vere e proprie innovazioni nella cultura dell’abitare. Grandi intellettuali come Le Corbusier e Mies Van Der Rohe ristudiano completamente gli spazi degli edifici residenziali e non, individuando quelli che sono requisiti ancora decisamente attuali, come la presenza di autorimesse, di bagni spaziosi, di ambienti confortevoli e di dotazioni impiantistiche. I progetti adesso non riguardano soltanto i ceti più abbienti: per la prima volta si pensa ad un’architettura e all’arredamento per le masse.
Questa rivoluzione è proprio incentrata su questa nuova attenzione a livello sociale, unita ad idee avanguardiste. Così, proprio in un Paese momentaneamente povero e maltrattato come la Germania, nasce a Weimar una scuola pubblica di architettura e arti applicate destinata a cambiare tutto, con l’ambizioso intento di insegnare la progettazione “dal cucchiaino alla città”.
La storia del Bauhaus (breve riassunto degli avvenimenti principali)
Walter Gropius, grande architetto e intellettuale, fonda nel 1918 a Weimar il Bauhaus (parola che significa casa del costruire), una scuola che ha l’intento di dare ai ragazzi i mezzi per una progettazione funzionale, economica e standardizzata.
Questa accademia, che è anche un po’ una bottega artistica e un laboratorio artigianale, è destinata a diventare il simbolo della rinascita in quella frase breve ma effervescente che fa dalla fine della guerra all’avvento del nazismo.
Il successo che riscuote a Weimar, dove arrivano giovani studenti da tutta Europa, infastidisce le accademie locali che, accusando il Bauhaus di favoreggiare il comunismo, riescono ad inimicare la borghesia locale.
Per questa ragione, nel 1924 Walter Gropius decide di trasferire la scuola a Dessau (cittadina sita ad un’ora e mezza di treno da Berlino), dove progetta l’intero istituto, un’architettura che diventa il simbolo del Bauhaus e che viene inaugurata nel 1925.
La scuola ha però una vita breve, dal momento che assistiamo in Germania all’ascesa dell’ideologia nazista, un’ideologia che fatica sempre di più a tollerare l’apertura mentale e le vedute socialiste dei suoi insegnanti e allievi. Così, viene chiusa nel 1932 e tutti gli insegnanti sono licenziati.
Tra essi, i più tenaci provano a ricostituirla a Berlino come un’istituzione privata e sotto la prestigiosa direzione di Ludwig Mies Van Der Rohe (di cui ho parlato qui: Ludwig Mies van der Rohe:6 opere per conoscere il padre dell’architettura contemporanea). Nel 1933 il regime nazista sale al potere e ne decreta la chiusura definitiva.
I maggiori intellettuali, artisti e architetti tedeschi abbandonano così la Germania, trovando in molti casi una fortuna decisamente maggiore negli Stati Uniti, che non a caso diventano il fulcro dell’innovazione in questi ambiti. Nel Terzo Reich rimangono invece architetture mediocri e intellettuali servili, che portano ad un insensato monumentalismo, simboleggiato ad esempio dal caso di Norimberga (che potete leggere qui: Norimberga: dove sono le tracce della capitale simbolica del Terzo Reich di Hitler?).
Il pensiero del Bauhaus

Analizzandola nel suo contesto, l’esperienza del Bauhaus è una sorta di affaccio su un mondo utopico che sarebbe potuto esistere, se solo non si fosse non si fossero intromessi gli ideali nazisti, con la conseguente soppressione della libertà.
Quello in cui si viveva a Weimar e poi a Dessau era infatti un mondo per prima cosa libero, al di sopra dei clientelismi, delle rigidezza delle accademie e dei luoghi comuni.
Come già anticipato, stiamo parlando di una scuola che nel 1925 era frequentata quasi al 40% da ragazze, una specie di università pubblica dove insegnavano i massimi intellettuali e artisti dell’epoca (Vassily Kandinsky, Paul Klee, Walter Gropius e Ludwig Mies Van Der Rohe, giusto per fare qualche nome!) e dove si viveva in un clima di totale rispetto reciproco e di condivisione.
Il Bauhaus mi fa pensare ad un’altra grande perdita subita a causa di un regime totalitario e di una guerra mondiale. Osteggiata, la scuola è infatti costretta a chiudere i battenti, mettendo così fine ad un periodo sicuramente unico nella storia recente.
Chi può, come detto, vola in America. Le ragazze rimaste da studentesse diventano giovani hitleriane, scambiando la scuola con i vestiti tradizionali e la grande ambizione di diventare madri solide per piccoli ariani. E ai maschi non va molto meglio, visto che la strada che si delinea è quella di diventare soldati.
L’architettura del Bauhaus: La sede di Dessau progettata da Walter Gropius
Oggi, se si va a Dessau (esperienza che consiglio vivamente, data anche la vicinanza a Berlino) si può vedere il complesso, progettato dallo stesso Walter Gropius (teorico dell’architettura e preside), che ospitava i laboratori, le aule, i dormitori e gli spazi comuni della scuola.
Questa scuola, destinata a diventare il simbolo del Bauhaus, viene progettata attentamente su misura degli studenti, che si ritrovano lì per passione e sicuramente si godono a pieno l’esperienza di lavorare al fianco di prestigiosi intellettuali, artisti e architetti.
L’edificio rispecchia in pieno tutte le idee che venivano insegnate e studiate, diventano una sorta di manifesto del Movimento Moderno: gli spazi sono disegnati unicamente in funzione alla destinazione d’uso prevista, differenziandosi quindi anche esteticamente tra mensa, servizi, aule e laboratori.
Come si può vedere dalle fotografie che ho scattato durante la mia visita di qualche anno fa, la sperimentazione nell’uso del cemento armato è la protagonista, insieme al vetro che sostituisce le pareti nella zona dei laboratori e che disegna le finestre a nastro nelle aule.
Sempre a Dessau, esistono anche altri edifici che meritano la visita e che ruotano intorno all’esperienza del Bauhaus: gli insegnanti infatti si sono dilettati nella progettazione delle loro stesse residenze, site a poca distanza. Si tratta di una serie di abitazioni bifamiliari dove convivevano, poco distanti dalla scuola e immersi nel verde anche dentro la cittadina.
Posso garantire che questa deviazione di pochi minuti merita la visita, perché vedere questo piccolo quartiere è come immergersi in un ambiente diverso, fermo nel tempo a quegli anni in cui il nazismo non aveva ancora invaso il mondo.
Oltre a questo, immaginare Vassily Kandinsky e Paul Klee che convivevano in una di queste casette è abbastanza divertente!
Il design del Bauhaus: la Poltrona Barcellona di Ludwig Mies Van Der Rohe
Prima di concludere questo lunghissimo post, vorrei ancora parlare di un esempio di design che racchiude in pieno il pensiero del Bauhaus. Sto parlando della poltrona che vedete qui sopra (per la precisione in una foto che ho scattato io a Brno, Casa Tugendhat), progettata da Ludwig Mies Van Der Rohe nel 1929 in occasione dell’Esposizione universale di Barcellona (di cui ho parlato qui: Il padiglione più bello (e famoso) mai progettato per un’Expo).
La poltrona Barcellona, che probabilmente da qualche parte abbiamo visto tutti, è in produzione ancora oggi e sicuramente non dimostra i suoi novant’anni d’età. Come possiamo vedere, non ha fronzoli e la forma dipende esclusivamente dalla funzione, portando ad una semplicità e raffinatezza che supera il gusto e le mode, rendendola immortale.
Probabilmente, se il Bauhaus non fosse stato tanto osteggiato noi tutti oggi ci troveremmo a vivere in case arredate diversamente, ma purtroppo non lo sapremo mai.