Quando l’arte diventa ricerca dell’origine del mondo: alla scoperta dell’essenziale insieme a Paul Klee

Se di Kandinsky abbiamo già scritto (per chi se lo fosse perso, ecco il link all’articolo: Vassily Kandinsky: opere e pensiero di un maestro dell’Astrattismo), oggi non posso che parlare di Paul Klee e delle sue opere.

Anche se sono nati con una decina d’anni di distanza e in un contesto geografico, politico e sociale diversissimo (la Russia tra zar e rivoluzioni contro la neutralissima Svizzera), il destino riserva loro un percorso comune a partire dal 1911, anno in cui questi due artisti geniali si conoscono e l’astrattismo non è che una vaga e acerba idea. Insieme contribuiscono alla nascita e all’evoluzione del Blaue Reiter, fino ad insegnare nel Bauhaus, questa fucina di menti geniali che spesso cito e di cui un giorno forse parlerò.

Tra i due, forse Paul Klee è quello meno noto e sicuramente meno immediato, anche se non per questo ha meno da raccontare.

Se si vuole tradurre il suo linguaggio per renderlo più comprensibile ai nostri occhi, qui di seguito proverò ad individuare le chiavi di lettura che per me sono più importanti.

Il fondamento stesso dell’astrattismo

Per capire la concezione dell’arte che ha Paul Klee, bisogna tenere in mente questa frase, scritta da lui: L’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è.

Da qui all’astrattismo il passo è breve. Il salto oltre la linea d’ombra in questo caso è proprio lo svincolarsi dal concetto di pittura come riproduzione meccanica di ciò che si ha di fronte. Fino all’Ottocento inoltrato l’arte consiste nella trasposizione sulla tela di un mondo idealizzato e ingentilito, poi la riproduzione della realtà è il traguardo che raggiungono gli impressionisti. All’inizio del Novecento poi le Avanguardie aprono la strada a qualcosa di nuovo, che in questo caso è la pretesa di riprodurre qualche cosa che si può annidare sia nelle viscere dell’animo umano sia alla base del nostro universo.

L’utilizzo del colore

Nei dipinti di Paul Klee si oscilla tra le luci del Mediterraneo e le ombre dell’origine del mondo, o forse delle tenebre della profondità del nostro inconscio. La scelta dei colori assume quindi una valenza quasi simbolica: le gradazioni accese e calde riprendono il sud dell’Europa, che si identifica con la purezza e la perfezione della civiltà classica, mentre le tinte cupe sono qualcosa di decisamente più intimo e personale. All’interno di queste opere infatti compaiono schematici paesaggi allegorici, mostri, occhi spalancati ed enormi che ci fissano e animali marini.

Per farla breve, i quadri foschi significano introspezione, avvicinandosi al discorso della psicoanalisi e alle idee secessioniste che nell’Europa mitteleuropea continuano a essere protagonisti. Al contrario, i dipinti luminosi sono caratterizzati da una maggiore geometria e da composizioni più rigorose, come in una continua ricerca dell’essenza. Anche la scelta di una tecnica pittorica che ricorda il mosaico serve a ricordare il mondo classico ai cui valori ci si continua ad ispirare. In questo caso, nella mia mente questo artista si avvicina moltissimo, seppure con esiti molto diversi, a Piet Mondrian e alla sua ricerca della geometria che si nasconde nella natura.

La sperimentazione

Paul Klee è infine un grande sperimentatore. Si evolve continuamente nei temi e nei soggetti che tratta e, oltre a questo, elabora numerose tecniche pittoriche e scultoree per arrivare ad esprimersi sfruttando in una maniera tutta nuova il supporto cartaceo o la tela. Alcuni anni fa al Zentrum Paul Klee di Berna (di cui parlerò prossimamente) mi sono innamorata delle marionette che questo artista realizzava per il figlio e per collezione, perché anche se possono sembrare frivole, nascondono una grandissima innovazione nei materiali e nel loro assemblaggio, dal momento che utilizza oggetti della più svariata natura.

Senza perdermi in sentimentalismi, per concludere questo articolo vi dirò che a me il confusionario Paul Klee piace moltissimo, perché è l’uomo scatenato che non si ferma mai, incurante della salute, del tempo che passa e della noia che è sempre in agguato.