Perché Arnold Böcklin si è ritratto insieme alla Morte che suona il violino?

Conoscete qualcuno a cui sia mai venuto in mente di ritrarsi nientemeno che in compagnia della Morte, riprodotta nelle sembianze di un allegro scheletro che suona il violino?

Immagino che la risposta sia una sola, dal momento che in pochi possono vantare la squisita originalità di Arnold Böcklin, artista di spicco nel panorama simbolista europeo.

In tema di autoritratti d’autore, dopo l’ultima puntata a tema impressionista questa settimana ho scelto di dedicarmi a questo strano capolavoro, un’opera singolare che la dice lunga sull’evoluzione dell’autoritratto nel corso del lungo Ottocento, un secolo davvero interessante e sfaccettato nell’arte come nella storia.

Prima di entrare nel vivo, vi lascio qualche breve cenno biografico su Böcklin, nel caso vi possa interessare.


Chi è Arnold Böcklin (1827-1901)?

Arnold Böcklin nasce a Basilea da una famiglia di mercanti, studia all’accademia di belle arti di Düsseldorf, dove approfondisce il romanticismo tedesco, e poi va nel 1848 a Parigi, dove scopre artisti come Corot e Delacroix. Nel 1850 visita l’Italia e se ne innamora: vive a Roma fino al 1857 e qui sposa una ragazza, Angela Pascucci. Studia il mondo classico e la sua mitologia, che diventano una delle sue principali fonti di ispirazione.

Nel 1859 si trasferisce a Monaco; qui diventa insegnante della scuola d’arte di Weimar per un paio d’anni, per poi tornare nuovamente in Italia e successivamente a Basilea.

Nel 1874 si trasferisce a Firenze, dove nasce la figlia Beatrice che muore ad un anno e viene seppellita nel cimitero svizzero, una delle possibili ispirazioni per il suo capolavoro l’Isola dei Morti, la cui prima versione viene realizzata proprio qui nel 1879. Rimane in Italia e più precisamente in Toscana fino alla morte nel 1901, ed è sepolto a Firenze.


Cosa racconta l’Autoritratto con la Morte che suona il violino?

Arnold Böcklin, Autoritratto con la Morte che suona il violino
Arnold Böcklin, Autoritratto con la Morte che suona il violino, 1872

Come credo sia facile da immaginare, Arnold Böcklin nutriva un certo interesse nei confronti della morte, un’ossessione facile da riscontrare in questo periodo storico ma affrontata da lui in maniera decisamente unica.

In questo caso, ci troviamo di fronte ad un autoritratto che va ben oltre la riproduzione del proprio volto: l’artista si immortala in una posa che potremmo definire tradizionale, con tanto di tavolozza e pennello tra le dita, ma sembra essere interrotto e distratto dalla presenza della Morte sulla spalla sinistra. Non so voi, ma io trovo bellissima la sua espressione, intenta nell’ascolto della melodia suonata dalla sua surreale compagna.

Siamo in pieno Simbolismo, quindi quale significato possiamo cercare all’interno di quest’opera di Arnold Böcklin?

Come da tradizione, la Morte ha le sembianze di uno scheletro e richiama una sorta di memento mori: con il suo sorriso sfrenato ci ricorda che tanto alla fine, presto o tardi, vincerà lei sui di noi e sulla nostra vita. Suona un violino con una sola corda, quella che, secondo gli esperti, produce da sola un suono misterioso e intrigante. Il richiamo può anche essere quello alle tre parche della mitologia greca, che avevano il compito di filare la vita degli uomini e di reciderla.

Parliamo di morte quindi, ma senza una palpabile tristezza, non siete d’accordo? Simboli a parte, io trovo davvero affascinanti di dettagli di questo dipinto, che vi propongo di seguito un po’ ingranditi, sperando che siano graditi.


Allora, anche voi trovate assolutamente curioso questo autoritratto di Arnold Böcklin? Vi piace oppure vi inquieta? Io non posso che provare una grande attrazione, sia per tecnica sia per la complessità del soggetto.