Pensato ed esposto per la prima volta nel 1902 nel Palazzo della Secessione Viennese in occasione della XIV mostra di questo gruppo di artisti visionari, il Fregio di Beethoven di Gustav Klim è un grande dipinto murale (si sviluppa per ben 34 metri lineari) destinato a fare scalpore e ad attirare ammiratori e ferventi critici.
Effettivamente, se guardiamo le figure nel dettaglio possiamo scorgere qualcosa di quasi grottesco e sicuramente audace, caratteristiche destinate in ogni tempo a scontrarsi con l’opinione pubblica. Ma cosa rappresenta questa grande opera e, ancora più importante, cosa simboleggia per la Secessione Viennese e per la storia dell’arte in generale?
Se vi va, oggi cercherò di scoprirlo insieme a voi provando, come sempre, ad andare con ordine.
Il soggetto del Fregio di Beethoven

L’ispirazione per questo fregio murale è la Nona Sinfonia di Ludwig van Beethoven, musicista che nella Vienna della fine del XIX secolo è considerato un genio assoluto, mentre la narrazione si svolge su tre pareti adiacenti di una grande sala del Palazzo della Secessione Viennese.
Tre sono anche le parti in cui il fregio è suddiviso, con l’intento di ricreare una sequenza: L’anelito alla felicità, le Forze ostili e infine il celeberrimo Inno alla gioia, caratterizzato da un coro femminile e da un bacio che vuole essere dedicato al mondo intero (come recita il testo dell’Inno, che si può approfondire qui).
In pratica, sulla parete di sinistra possiamo individuare la prima scena, dove un cavaliere dall’armatura dorata parte per affrontare il suo destino, benedetto da figure propiziatrici e guidato da spiriti femminili che ci conducono verso il centro della sala, dove ci attende la scena centrale. Qui, il nostro cavaliere deve fronteggiare e oltrepassare tutta una serie di creature più o meno immaginarie, mostruose o mitologiche, caratterizzate da tinte fosche e simboleggianti l’eterna e mai superata lotta tra il bene e il male. Infine, la terza scena si apre con i soliti spiriti volanti che portano il nostro sguardo verso il ricongiungimento del cavaliere alla donna amata, una sorta di trionfo dell’amore enfatizzato da un coro femminile e dalla scelta di tonalità dorate e luminose.
Oltre alla porzione del bacio, sicuramente la scena più nota del fregio è la sezione degli spiriti malvagi, dove i riferimenti al mondo antico sono molti: possiamo infatti riconoscere le Gorgoni e Tifeo, un mostro dalle sembianze di scimmia e una coda di serpenti.
Il contesto storico: la Secessione Viennese

Tra riferimenti alla cultura classica, alle stampe giapponesi e al mondo dell’inconscio ci si potrebbe perdere, non trovate? Dobbiamo però tenere conto che siamo nella Vienna dell’inizio Novecento, un momento storico in cui il protagonista è un clima di vivacità inntellettuale che porta ad una frizione con le rigide accademie d’arte e architettura, una rottura che prende il nome di Secessione Viennese e avviene nel 1897.
Gustav Klimt e Otto Wagner diventano i capofila di una generazione di artisti che indaga il mondo dell’inconscio e le teorie avanguardiste di Sigmund Freud e che allo stesso tempo prova grande insofferenza per tutto ciò che è classico, a partire dai lessici architettonici tradizionali e dai soggetti accademici dei dipinti.
In architettura, un esempio può essere il Palazzo della Secessione Viennese, progettato da Joseph Maria Olbrich, mentre in pittura l’emblema è proprio il Fregio di cui parliamo oggi, progettato per regnare all’interno di questo edificio.
La visione artistica di Klimt espressa nel Fregio di Beethoven
Come accennato, Gustav Klimt è uno dei padri della Secessione Viennese ed è proprio il Fregio di Beethoven, più di molti altri dipinti, a cercare di cogliere lo spirito di questo movimento artistico moderno e influenzato da temi come il misticismo e la psicanalisi.
Non si limita infatti ad una rappresentazione dal gusto Art Nouveau (tendenza che in questi anni inizia a farsi largo in tutta Europa), ma si lascia guidare da riferimenti antichi ed esotici per arrivare ad un dipinto difficile da classificare e destinato a rappresentare qualcosa di più ampio ancora rispetto alla Nona Sinfonia.
In una lettura universale dell’opera, il Cavaliere può essere visto come la personificazione dell’artista, che lotta contro l’ottusità e i desideri materialisti per congiungersi infine con la sua amata, la Poesia, che lo soggioga e riempie.
Nonostante tutto l’entusiasmo dei posteri, non bisogna dimenticare le prime reazioni di fronte al Fregio di Beethoven: la sua particolarità non è stata capita da una larga parte del pubblico, che è rimasta scandalizzata dalla nudità dei personaggi e dall’aspetto ripugnante di alcuni di essi.
In conclusione, alla luce di quanto ho cercato di raccontarvi, voi vi ritrovate maggiormente nella fazione dei sostenitori del Fregio di Klimt oppure in quella dei suoi oppositori?
Io per oggi avrei finito, ma se siete interessati ad approfondire altre opere di questo artista, ecco i link a due post a tema che vi consiglio: 😉
Se invece è il tema della Secessione Viennese che vi appassiona, ecco qualche altro post: