Il significato universale
Ultimo ma non meno importante, è finalmente il momento di citare la qualità forse più affascinante e complessa, ovvero la capacità che hanno alcune opere d’arte di essere universali, di andare oltre a ciò che strettamente rappresentano per aprirsi a mondi sconfinati.
Nei suoi autoritratti, Egon Schiele non trasmette soltanto la sua immagine, ma riesce a catturare tutto il tormento di un ragazzo turbato e ansioso, che non arriva ad incarnare l’ideale che vorrebbe rappresentare.
Allo stesso modo, le sue modelle non sono la moglie, la sorella o l’amante, ma la donna in generale, seppure a volte nella concezione un po’ morbosa che non è assolutamente rara da incontrare nei primi anni del Novecento. Molto spesso sono anche ragazze sicure di sé, certe dell’influenza e del potere che possono arrivare ad avere sugli uomini.
Persino gli alberi, le case e i paesaggi si allontano da quello che è un luogo geografico, diventando l’espressione concreta di stati d’animo tra i più differenti, dalla speranza allo sconforto più totale.
Darei moltissimo per poter immaginare la vette a cui Egon Schiele sarebbe potuto arrivare, se si considera che a ventotto anni, finalmente libero dagli spettri dell’adolescenza, possedeva già una maturità tale da trasmettere attraverso la pittura una gamma tanto vasta di emozioni. Mi piacerebbe sapere immaginare l’influenza che avrebbe potuto esercitare sul panorama culturale europeo, austriaco ma anche viennese, dal momento che questa grande città non riuscirà più a garantire un clima culturale così vivo, dimenticando gli smodati anni fin du siècle.
Eterno è Dio, che l’uomo lo chiami Buddha, Zarathustra, Osiride, Zeus o Cristo ed eterno come lui è ciò che vi è di più divino dopo Dio: l’arte. L’arte non può essere moderna, l’arte appartiene all’eternità.
Egon Schiele, Diario dal Carcere
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