Berlino: tre simboli di rinascita da conoscere e amare

Riuscite ad immaginare la città di Berlino subito dopo la caduta del muro, a percepire quel mix di tensione e di sollievo, di speranza e preoccupazione?

La capitale tedesca si affaccia agli anni Novanta in una condizione delicatissima: interi quartieri sono ancora costituiti da vuoti urbani mai ricostruiti e ruderi, mentre una cicatrice lunga chilometri divide in due la città non come una linea sottile ma piuttosto come una larga striscia grigia vuota e desolante.

Nonostante le premesse disastrose e un’economia nazionale tutta da ricostruire, Berlino sin da subito è caratterizzata da un grande fermento, sintomo della volontà dei suoi abitanti di chiudere finalmente i conti con il recente passato.

Infatti se oggi, a distanza di venticinque anni, passeggiamo per la capitale tedesca, quello che abbiamo di fronte è un centro modernissimo, attrezzato e affascinante, che fa dell’architettura contemporanea uno dei suoi punti di forza. E se poi uno ci pensa bene, 25 anni non sono poi così tanti: quante cose sono cambiate nelle nostre città in quest’arco di tempo? Scommetto non tante, se si escludono i cambi della viabilità e della pavimentazione delle strade, sono pronta a scommetterci!

Tornando a noi, oggi vorrei parlare dei tre simboli che secondo me simboleggiano al meglio il desiderio di rinascita di questa metropoli, in tre campi diversi.


I. Il restauro del Palazzo del Parlamento

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A vederlo oggi sembra impossibile da credere, ma il Reichstag di Berlino è rimasto un rudere fino alla caduta del muro nel 1989. Il motivo è semplice, se si pensa che l’intento dei vincitori della guerra è quello di annientare la Germania come stato nazionale unito e sovrano.

Così, logicamente l’ipotesi del suo restauro assume un ruolo simbolico di primo piano per i tedeschi che vogliono dimostrare al mondo la loro rinascita.

Si affidano a uno dei miei architetti preferiti, Norman Foster (sir Norman Foster, per la precisione), che propone e realizza un progetto a dir poco geniale. Anziché riproporre un edificio uguale a quello ottocentesco, sceglie di evocare le forme utilizzando materiali innovativi e distinguibili, trasformando l’idea di una cupola in uno spazio panoramico che attira visitatori e che illumina dall’alto l’aula del parlamento dove si radunano i politici tedeschi, visibili dall’alto da chi passa. Non si può certo dire che a Berlino abbiano segreti da nascondere in politica, a differenza di qualche altro Paese che mi viene in mente!


II. Potsdamer Platz

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Forse non tutti sanno che in questa piazza è stato utilizzato il primo semaforo del mondo (non per niente nei negozi di souvenir trovate dappertutto gli omini neri su sfondo rosso e verde!). Nozioni da guida turistica a parte, questa piazza è un punto nevralgico della Berlino ante-1939, un animato crocevia dove già nel 1908 transitano 35 linee tranviarie ed è insediata la stazione di testa di una delle più importanti linee ferroviarie nazionali e internazionali. Potsdamer Platz in questa fase è dunque il simbolo della modernità e della vivacità economica della capitale tedesca.

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Dopo la guerra, il poco che rimane in piedi viene tagliato in due nel 1961 dal muro, rendendo di fatto impossibile l’utilizzo degli assi viari e la ricostruzione degli hotel e di tutti gli altri servizi.

A partire dal 1989, si può immaginare quindi la difficoltà nel cercare di ricucire uno spazio dilaniato e frantumato per più di quarant’anni. Riesco infatti a capire come mai oggi quello coordinato da Renzo Piano sia considerato uno tra gli interventi di recupero urbano più rilevanti a scala europea.

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Sicuramente si tratta del tentativo coraggioso di dare un nuovo volto ad una porzione di città sofferente cercando di seguire la sua originale vocazione senza arrivare a scimmiottare un passato ormai dimenticato. Si opta quindi per la dimostrazione coerente e affascinante di una modernità funzionale e simbolica, che attrae forse più i turisti rispetto ai Berlinesi.

C’è chi ha criticato questo intervento proprio facendo leva sullo scarso coinvolgimento degli abitanti, però c’è anche da dire che i tempi di una metropoli possono anche essere lunghi. Le dinamiche sociali non si cambiano da un giorno all’altro, non si può obbligare la gente a cambiare le sue abitudini, quindi credo che per poter giudicare ci vorrà ancora un po’ di tempo. E nel frattempo, io mi godo le belle architetture!


III. L’Isola dei Musei

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Se siete stati a Berlino, con ogni probabilità ricorderete l’attesa per entrare in musei come quello di Pergamo oppure l’Altes, uniti all’armonia di questo spazio ben organizzato e armonico, caratterizzato dalle strutture neoclassiche ed eclettiche.

Bene, tutto quello che si può vedere oggi, nella misura in cui si vede oggi, è il risultato (non ancora terminato) di un concorso bandito negli anni Novanta dalla città per recuperare questi edifici, bombardati in maniera più o meno grave dalla guerra e restaurati sommariamente per mano dei sovietici.

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Partecipano molti grandi architetti, tra cui Giorgio Grassi e Frank Gehry (i cui progetti sono qui riportati) e vince David Chipperfield, che prevede un passaggio sotterraneo che colleghi i cinque musei, insieme a una struttura contemporanea, in fase di realizzazione, che sarà destinata all’accoglienza e ai servizi per i turisti, prevedendo caffetteria, bookshop e tutto il resto.

La bellezza di questo intervento di rinascita culturale secondo me risiede proprio nella volontà di adeguare un complesso storico alle esigenze di oggi, visto che ormai sono milioni i visitatori che ogni anno scelgono Berlino e l’isola dei musei come meta.


Per farla breve, mi piace pensare a questi tre progetti perché, seppure diversi, rappresentano in pieno la volontà di rinascita di un popolo che non è abituato ad abbassare la testa: il Reichstag per dimostrarne la forza politica (che di anno in anno effettivamente è in aumento), Potsdamer Platz per omaggiare un passato che non esiste più e sfoggiare la vivacità economica e infine l’Isola dei musei, per ricordare le radici della nazione, i grandi artisti e gli interessi (e le razzie, per essere precisi) che hanno influenzato la cultura tedesca.