Che voi li amiate alla stregua dei loro colleghi francesi (gli Impressionisti) o che rimaniate schiacciati dal forte senso di realtà che permea le loro opere, sicuramente sarete d’accordo con me nell’affermare che i Macchiaioli sono forse la corrente artistica più interessante e innovativa dell’Ottocento italiano, guadagnandosi un posto da protagonisti nel viaggio che stiamo intraprendendo nella storia dell’arte nostrana di questo periodo (non sapete a cosa mi riferisco? Ecco il link per scoprirlo: Arte italiana: alla scoperta dei grandi pittori dell’Ottocento).
Mentre Milano è in fermento per il Risorgimento e il protagonista della scena artistica e culturale è il nazionalismo (come abbiamo visto nello scorso post dedicato a Francesco Hayez e al Romanticismo storico), a Firenze prende vita un movimento artistico, quello dei Macchiaioli, legato al territorio e allo stesso tempo dal respiro internazionale, grazie ai contatti con la Scuola di Barbizon, culla del Realismo francese (di cui abbiamo parlato qui).
Seppure sotto il controllo austriaco, il Granducato di Toscana nei decenni precedenti all’Unità d’Italia gode infatti di una certa autonomia, così Firenze a partire dagli anni Quaranta dell’Ottocento diventa una della città culturali più libere della penisola, un punto di riferimento stimolante per i giovani artisti che si ritrovano nel Caffè Michelangelo, un locale noto e frequentato, e sono destinati e diventare Macchiaioli.
Perché il nome Macchiaioli? Breve storia del movimento

Il nome di questo movimento vede la luce proprio nel caffè Michelangelo, dove lo scrittore e critico d’arte Diego Martelli, frequentatore abituale, teorizza l’idea di macchia in opposizione alla forma, un concetto che a prima vista può sembrare semplice ma che, se ci riflettiamo sopra, segna un’immediata cesura rispetto all’accademismo e ci catapulta nelle opere di questi artisti, caratterizzate da campiture piatte e da volumi che sovrastano i loro contorni.
Diego Martelli ha poi il merito di fondare e far circolare alcune riviste, così da alimentare il dialogo e la conoscenza degli ambienti artistici soprattutto francesi, i più moderni del tempo, in cui si iniziava a parlare di luce e immediatezza.
Un’altra figura importante di questo movimento è Telemaco Signorini, teorico e pittore che per primo decide di adottare il nome di Macchiaioli per il suo gruppo, ironizzando su questo termine che la stampa aveva usato nei loro confronti con intento denigratorio.
Caratteristiche dei Macchiaioli

La prima caratteristica è per l’appunto quella della macchia, intesa come porzione di materia illuminata e caratterizzata dallo stesso colore. L’idea comune di questo gruppo di artisti infatti è che una pittura che vuole arrivare al realismo, in opposizione a quella accademica, deve riprodurre l’effetto della luce sugli oggetti e sugli elementi naturale, senza filtri.
Nella realtà poi i contorni non esistono, così vediamo che per i Macchiaioli le campiture prevalgono sul disegno e portano ad effetti volumetrici grazie al contrasto tra i colori. La differenza rispetto ai coetanei Impressionisti francesi è proprio l’importanza che assumono le masse e i volumi, in contrapposizione all’impressione del momento che invece caratterizza gli artisti d’oltralpe.
Per quanto riguarda le tematiche, troviamo qui un’altra grande cesura rispetto al mondo delle Accademie, perché i Macchiaioli rifiutano le scene storiche o mitologiche e, anzi, cercano sempre la realtà, che emerge nelle scene di vita quotidiana e nei paesaggi conosciuti.
Gli artisti nel gruppo dei Macchiaioli
Dopo aver parlato in generale di questo movimento artistico, credo che sia il momento di introdurre le figure che ne hanno fatto parte e che hanno reso possibile questa rivoluzione pittorica tutta italiana.
Perdonatemi sin d’ora se sarò breve, ma questo post sta diventando piuttosto lungo e prometto che vi proporrò degli approfondimenti almeno sui principali esponenti della corrente dei Macchiaioli.
Giovanni Fattori (1825-1908)

Anche se sono andata in ordine cronologico, devo dire che non potevo che cominciare da Giovanni Fattori, il più noto dei Macchiaioli e, più in generale, forse il più grande degli artisti italiani dell’Ottocento.
Si tratta di un pittore che non si stanca di ricercare la realtà nei quadri e che studia gli animali e i paesaggi con l’intento di riportare sulla tela le sofferenze fisiche e morali di ciò che accade.
In poche parole, per lui la macchia è un modo per perseguire il verismo, ma per raccontarlo meglio mi servirebbe almeno un post intero. Proprio per questo mi fermo qui e vi invito a consultare questo articolo scritto apposta per lui: 5 opere per conoscere Giovanni Fattori.
Silvestro Lega (1826-1895)

Silvestro Lega racconta invece un altro risvolto della pittura dei Macchiaioli, quello della ricerca nel quotidiano e nelle scene della vita di tutti i giorni. Siamo ben lontani dallo storicismo celebrativo delle Accademie ed è la prima volta che in Italia vediamo le persone comuni che invadono la pittura, senza nascondersi dietro a miti o storie bibliche.
Anche qui apro un discorso piuttosto vasto, così vi invito a tornare da queste parti per un articolo dedicato a lui.
Nino Costa (1826-1903)

Nato e cresciuto a Roma, Nino Costa è un uomo risorgimentale che partecipa alla Presa di Roma nel 1870, e allo stesso tempo un affezionato Macchiaiolo che riesce ad influenzare persino Giovanni Fattori, il quale ammette di avere imparato molto da lui.
Per parlarvene, ho scelto un dipinto che a prima vista si nota poco, ma che è caratterizzato da un equilibrio di colori che mi piace tantissimo e da ampi spazi che sono resi con semplicità magistrale.
Odoardo Borrani (1833-1905)

Fiorentino d’origine e diplomato all’Accademia di Firenze, Odoardo Borrani è uno dei primi ad aderire al movimento dei Macchiaioli, dedicandosi soprattutto ai paesaggi toscani e agli interni quotidiani.
In questo caso, ci troviamo di fronte a una campagna che esprime perfettamente la sua ricerca del vero, inteso come lo spirito umile e spontaneo che anima i luoghi. Non so voi, ma vi confesso che io, contemplando questo dipinto a 150 anni di distanza, ritrovo molti dei miei ricordi delle eterne estati d’infanzia.
Telemaco Signorini (1835-1901)

Insieme a Silvestro Lega e a Giovanni Fattori, Telemaco Signorini è il terzo nome più noto tra i Macchiaioli, un artista sempre interessato alla ricerca della copia dal vero e alla sperimentazione sulla luce.
Anche se forse non è il più significativo, devo dirvi che è sempre il mio preferito, per la delicatezza delle sue pennellate e per le scene che racconta. Così, anche di lui parlerò più diffusamente, quindi per ora vi chiedo di avere un po’ di pazienza. 😉
Giuseppe Abbati (1836-68)

Napoletano d’origine, Giuseppe Abbati si unisce ai Macchiaioli nel 1860, rimanendo a Firenze fino alla morte, avvenuta a poco più di trent’anni.
Di lui ho scelto un quadro semplice ma emblematico della sua pittura (purtroppo dobbiamo accontentarci di una riproduzione non perfetta), in cui emerge la capacità di coniugare una tavolozza minimale ad un modo di dipingere preciso e attento ai volumi, che in quest’opera sono i veri protagonisti, insieme al berretto turchese.
Raffaello Sernesi (1838-66)

Concludiamo questa galleria con un altro sfortunato ragazzo morto giovane, ancora prima dei trent’anni, in seguito a una ferita procurata nella Terza guerra d’Indipendenza. Raffaello Sernesi è un artista talentuoso che studia all’Accademia di Firenze, combatte nella Seconda guerra d’Indipendenza e poi decide di unirsi al gruppo dei Macchiaioli per un periodo breve ma significativo.
In questa sua opera ci troviamo di fronte ad un paesaggio essenziale più che semplice, in cui i colori si armonizzano perfettamente e le grandi macchie che lo compongono originano volumi corposi.
In conclusione, spero che abbiate apprezzato questa tappa della storia dell’arte italiana dell’Ottocento e, se così fosse, vi invito a tornare prossimamente da queste parti per qualche approfondimento su alcuni dei Macchiaioli! 😉
Nel frattempo, vi lascio qualche quadro degli artisti sopracitati, tanto per rifarci gli occhi.