Esistono quadri che hanno l’incredibile dote di possedere un’anima, riuscendo a nutrire le fantasie dell’osservatore e a solleticarne la memoria. Capita anche a voi di provare queste sensazioni?
A Torino, presso la Fondazione Accorsi – Ometto, fino al 24 di gennaio si può vedere una mostra dove sono esposte numerose opere bellissime e ricche di significato, dotate di un’innegabile anima.
Divisionismo tra Torino e Milano. Da Segantini a Balla
Non sto parlando di uno di quegli eventi mediatici che hanno in pregio di attirare le masse ma che non sono sempre così soddisfacenti, ma piuttosto di un’esibizione meno pubblicizzata ma così meritevole che mi dispiace segnalarla a due sole settimane dalla chiusura.

Si parla di quel periodo delicato e interessante che si pone tra il Risorgimento e il Futurismo, raccontato attraverso le opere di artisti celebri come Giovanni Segantini e Giuseppe Pellizza da Volpedo ma non solo: sono presenti Gaetano Previati, Emilio Longoni, Angelo Morbelli, Vittore Grubicy de Dragon, Matteo Olivero, Carlo Fornara, Cesare Maggi e altri nomi che varrebbe la pena approfondire. Chiudono l’esposizione i lavori di Carrà, Boccioni e Balla prima di diventare i Futuristi che tutti conosciamo. (Sul Futurismo, ecco un bell’articolo che vi ricordo: Oltre la linea d’ombra: l’Italia e i Futuristi)
Come cercherò di spiegare, sono principalmente due le ragioni che mi spingono a invitare tutti gli interessati a non perderla.
La selezione vincente e originale delle opere

Percorrere le sale della mostra equivale ad immergersi nell’Atmosfera Fin du Siècle che si poteva trovare a Torino e Milano nei decenni a cavallo tra Ottocento e Novecento.
Ovviamente non ci si trova davanti a qualcosa di ardito, rivoluzionario e sfrontato paragonabile a quello che succede nell’Europa centrale, ma sicuramente un occhio attento percepisce gli echi del simbolismo di Alfons Mucha e i colori dei paesaggi di Gustav Klimt (di cui, se siete curiosi, ho parlato qui: Per andare oltre il bacio: l’altro lato di Klimt), le pennellate dei Secessionisti di Vienna e la personificazione della natura vicina alle ricerche di Edvard Munch (su questo tema: Il paesaggio dell’anima: il nord attraverso gli occhi di Edvard Munch).
Vedere i quadri di questi artisti italiani è come entrare in punta di piedi nella modernità, in quel modo razionale e semplice che è un po’ un tratto caratteristico di noi sabaudi, abituati a lavorare molto senza dare troppo nell’occhio.
Il legame con il territorio

Come si è detto, la bellezza di questa mostra è in primo luogo la scelta originale del tema, unita all’ottima qualità e soprattutto all’organicità complessiva dei quadri esposti. Ugualmente importante risulta però il forte legame con i luoghi.
Girando tra le sale si respira un’aria familiare: si possono osservare i paesaggi e i volti delle persone che un tempo hanno popolato le nostre montagne e le nostre valli, le radici insomma di quel mondo che ancora oggi avvolge le due grandi metropoli del nord Italia.
Questo è un valore aggiunto sia per chi ci vive sia per chi visita Torino, perché anche per un turista può essere l’occasione di cogliere un’ulteriore sfaccettatura di quello che è il Piemonte, una sfumatura espressa da quadri belli, moderni e tradizionali allo stesso tempo.
Probabilmente una raccolta di opere del genere non avrebbe lo stesso fascino se fosse esposta a migliaia di chilometri di distanza, ma forse anche questo è il suo fascino, in un periodo in cui persino le mostre d’arte sono globalizzate.
Spero che queste mie ragioni siano state sufficienti a convincervi a fare un salto alla Fondazione Accorsi – Ometto, nella centralissima via Po!
Se poi siete lì e volete bere un caffè godendovi delle belle fotografie, vi consiglio di passare al Caffè delle Arti, che è lì vicino e ospita fino al 30 gennaio una interessante mostra fotografica intitolata True Torino. Credo che sia un’occasione per paragonare il mondo prima del Futurismo con la realtà contemporanea che vive oggi Torino, una città dalle mille sfaccettature. Se siete interessati, questo è il link alla pagina Facebook del gruppo fotografico che l’ha organizzata.