Salvador Dalì nella tana del Bianconiglio

Nel 1969 l’estro creativo di Salvador Dalì incrociava le bizzarrie e i nonsense del celebre libro Alice nel Paese delle meraviglie.

Pubblicato nel 1865, Alice in Wonderland era stato scritto da Lewis Carroll – acronimo di Charles Lutwidge Dodgson – professore di matematica all’Università di Oxford, un tipo balbuziente e stravagante. Il professore scrisse la favola ispirandosi ad Alice Liddell, figlia di un suo collega, per divertirla durante una gita in barca.

Ma ancora oggi il racconto per bambini è considerato un testo visionario, che corre sulla linea sottile che divide l’assurdo dal possibile. Altalena tra regole matematiche, fisiche e linguistiche. Un allegro ritmato che racconta un mondo di fantasia, con gli occhi di una bambina e la nostalgia di un adulto.

Ma visionario non fu solo Lewis Carroll. La Press-Random House, una casa editrice di New York, nel 1969 chiese all’istrionico Salvador Dalì di disegnare 12 eliografie per illustrare un’edizione in tiratura limitata del celebre Alice in Wonderland. Il successo fu clamoroso. La casa editrice newyorkese vendette tutte le 2500 copie a 375 dollari l’una e tutte le 500 in edizione deluxe. Una trovata geniale, riuscita grazie al felice incontro tra la poliedricità creativa di Dalì e la sfacciata fantasia del libro per bambini.

Se andiamo a fondo, il rapporto tra l’artista spagnolo e il racconto sembra essere molto più intenso di quelle dodici bellissime eliografie che portano il tratto inconfondibile di Dalì.

Il mondo onirico in cui finisce catapultata Alice, a seguito del Bianconiglio, ha notevoli somiglianze con i dipinti surreali e visionari del pittore spagnolo. Mentre Alice si perde in labirinti pieni di porte, intavola conversazioni con un bruco gigante che fuma narghilè, incontra il Cappellaio Matto e la Regina di cuori, assetata di vendetta, Salvador Dalì apre all’arte le porte di un mondo dionisiaco.

«Per l’estetica, per il sogno, per la luna, per la magia»

I mostri che popolano la fantasia di Dalì, eterno bambino, inquietano e divertono per i paradossi che raccontano. Elefanti con teste di tromba si sorreggono su esili zampe lunghissime; spaventose tigri escono dalla bocca di un pesce gigante, che a sua volta esce da un corposo melograno; e poi ancora donne universali, insetti divoratori e luoghi spaventosi.

Il genio spagnolo spese tutte le sue inarrestabili energie alla conquista dell’irrazionale, per abolire ogni restrizione sociale.

È proprio così che si presentava Dalì. Un difensore strenuo dell’immaginazione, della fantasia, della parte irrazionale dell’uomo, tanto che scrisse un manifesto dal titolo Dichiarazione d’indipendenza dell’immaginazione e dei diritti dell’uomo alla propria follia.

Incapace di porre un freno alla propria fantasiosa voglia di stupire, il pittore ha scandalizzato, ammaliato e rivoluzionato un mondo intero, con i suoi quadri e le sue manifestazioni pubbliche.

Il Tempo

La trama di Alice nel paese delle meraviglie è difficile da ricordare tanto è sfilacciata e articolata, proprio come le trame dei sogni, che saltellano da un luogo a un avvenimento, passando per nonsense dalle forme familiari e vuoti temporali inspiegabili. Infatti, protagonista indiscusso del libro è proprio il Tempo, che fugge tra le mani di chi ne ha più bisogno. Un Tempo canaglia, che non sopporta di essere sconfitto.

– Alice: Per quanto tempo è per sempre?
– Bianconiglio: A volte, solo un secondo.

Alice nel paese delle meraviglie, Lewiss Carroll

Mentre Lewis Carroll si sente vittima di un tempo inquieto, Dalì probabilmente riesce a trovare la strategia esatta per controllarlo definitivamente. Uno dei suoi quadri più celebri La persistenza della memoria (1931) raffigura un tempo dilatato, liquefatto. Una serie di orologi molli, infatti, si adagiano inermi su diverse superfici, incapaci di scandire il passare delle ore che fuggono all’uomo.

Salvador Dalì, La persistenza della memoria, 1931

Ecco allora che Dalì, più volte tacciato di follia, si era sempre difeso dichiarando che «l’unica differenza fra me e un pazzo è che io non sono pazzo». E invece, forse senza accorgersene, si è trovato a navigare in un mare visionario, in un’avventura grafica che ci insegna quanto un briciolo di follia sia la salvezza in un oceano di banale normalità.

Ma io non voglio andare fra i matti, – osservò Alice. – Oh non ne puoi fare a meno, – disse il Gatto, – qui siamo tutti matti. Io sono matto, tu sei matta. – Come sai che io sia matta? – domandò Alice. – Tu sei matta, – disse il Gatto, – altrimenti non saresti venuta qui.”

Alice nel paese delle meraviglie, Lewiss Carroll