I morti si raccontano: George Gray nell’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters

Non so per voi, ma per me i libri e la musica hanno delle stagioni, un po’ come i vestiti. L’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters è un po’ come un paio di pantaloni neri: non me li metterei mai d’estate, ma d’inverno li ho sempre addosso!

Proprio per questo in questi giorni freddini di gennaio mi è venuta voglia di rileggere e di condividere con voi una poesia che è triste, ma molto bella: contiene un invito a riscuotersi e ad agire, invece che guardare la vita passare restando immobili 🌿⭐️

Edgar Lee Masters – George Gray

 

 

 

Molte volte ho studiato
la lapide che mi hanno scolpito:
una barca con vele ammainate, in un porto.
In realtà non è questa la mia destinazione
ma la mia vita.
Perché l’amore mi si offrì e io mi ritrassi dal suo inganno;
il dolore bussò alla mia porta, e io ebbi paura;
l’ambizione mi chiamò, ma io temetti gli imprevisti.
Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita.
E adesso so che bisogna alzare le vele
e prendere i venti del destino,
dovunque spingano la barca.
Dare un senso alla vita può condurre a follia
ma una vita senza senso è la tortura
dell’inquietudine e del vano desiderio —
è una barca che anela al mare eppure lo teme.

 

traduzione di Fernanda Pivano

George Gray è quello che Dante definirebbe un ignavo: qualcuno che per paura, per debolezza d’animo o chissà quale altra ragione si è tirato indietro e al rischio ha preferito la banalità confortante di una vita piatta. Il risultato è che, da un immaginario aldilà, ci racconta il suo pentimento: è vero che la ricerca di un senso può condurre alla pazzia, ma una vita senza senso è peggio.

La paura che lo ha frenato gli ha impedito di trovare il senso che cercava nella vita. Io trovo molto efficace la metafora contenuta nell’ultima riga, in cui il defunto si paragona ad una barca – qualcosa che di per sè è concepito per affrontare il mare – straziata tra il desiderio e il timore, col risultato che fa qualcosa di quasi innaturale: se ne sta ferma. Quasi come se l’autore ci volesse dire che non siamo programmati per starcene fermi, metaforicamente e non, e che per la vita è sì necessaria la quiete del porto, ma non per questo si deve ignorare il richiamo dell’alto mare aperto.