Un antidoto al grigiore: ‘Giardino d’inverno’ di Adam Zagajewski

In questi giorni un po’ strani, se c’è un lato positivo per me è che ho più tempo libero, quindi riesco a dedicarlo a quello che mi piace, tra cui scrivere per questo blog che ultimamente abbiamo un pochino trascurato. Perciò oggi vorrei condividere una poesia di Adam Zagajewski (grandissimo poeta polacco, di cui abbiamo parlato in modo un po’ più approfondito qui).

Si tratta di una poesia che parla di uno di quei giorni d’inverno un po’ grigi – un inverno che, a giudicare da come è descritto, non è meno interiore che esteriore. Eppure, anche per giornate così c’è, inaspettata, la possibilità di cambiarne le sorti. Nello specifico, per il poeta questo succede quando entra in un giardino tropicale al chiuso e viene in qualche modo risvegliato dal suo torpore al contatto con la trionfante vitalità vegetale.

Il testo, però, non si ferma qui: c’è anche un messaggio finale – comune anche ad altre poesie di questo autore, ad esempio questa – che ci dice che se c’è salvezza, alla fine è negli altri. Quello che io trovo particolarmente bello, e che condivido pienamente, è che è la contemplazione della natura rigogliosa e splendida che risveglia in lui questi sentimenti – un po’ come se volesse evidenziare il legame tra il mondo vegetale e quello umano.

Adam Zagajewski, Giardino d’inverno

 

 

In questa piccola città nera, la tua città,
dove anche i treni si fermano senza voltar la testa,
senza distogliersi dai destini finali,
nel parco, a dispetto di ombre e di caligini,
c’è un grigio edificio dall’interno perlato.

 

Dimentica la neve, i duri attacchi del gelo,
qui ti accoglie l’umida antologia dell’aria tropicale
e il misterioso fruscio di foglie smisurate
avviluppate come pigri serpenti –
neppure un egittologo saprebbe decifrarle.

 

Dimentica la tristezza delle strade anonime e degli stadi,
il peso delle domeniche riuscite male.
Accogli il respiro caldo che soffia dalle piante.
Un profumo lieve di lampi scoloriti
ti avvolgerà, ti condurrà laggiù, lontano.

 

Forse vedrai le vele rugginose di navi all’ancora,
isole ricamate di nebbia rosa, torri di templi diroccati;
vedrai ciò ch’è perduto, ciò che non c’era,
ma pure quanti vivono la tua
stessa vita.

 

Vedrai d’un tratto il mondo sotto una diversa luce,
i cancelli di case estranee per un istante si apriranno,
i pensieri nascosti diverranno visibili, le feste meno fastidiose,
la gioia altrui sarà più comprensibile, più belli
i volti.

 

Dimentica te stesso, lasciati abbagliare dall’incanto,
dimentica tutto e forse tornerà una memoria
più profonda e una più profonda fratellanza,
e dirai: non so, non so com’è successo –
le palme hanno aperto il mio avido cuore.
Victor-Pasmore_The-hanging-gardens-of-hammersmith
Victor Pasmore, I giardini pensili di Hammersmith n.1, 1941-47