La vicenda artistica di Amedeo Modigliani è di enorme interesse per innumerevoli motivi, primo fra i quali la visione personalissima del colore e dei soggetti che traspone su tela. Se i dipinti – enigmatici, sensuali – hanno da sempre accolto un pubblico entusiasta e consapevole, le sculture di Modì sono ancora avvolte da un’aura di mistero.
«Sono più scultore che pittore, io»
Nonostante il giovane artista, nato a Livorno nel 1884, avesse una predilezione particolare per la scultura – che riteneva massima espressione artistica – la sua formazione lo aveva condotto sulle orme dei macchiaioli e sullo studio delle tenaci vibrazioni del colore, scoperte in un viaggio a Venezia.
Ritratto di Lunia Czechowska, 1919 Ritratto di Jeanne Hébuterne, 1919
Nel 1906, a ventidue anni, stanco della derisione con cui veniva accolto il suo lavoro a Livorno, giunge a Parigi dove frequenta gli ambienti vivaci e anticonformisti della bohème parigina.
Nel suo piccolo appartamento nei pressi di Place de la Madeleine, Modigliani dipingeva e, nel cortile sottostante, scolpiva. Tra il 1911 e il 1914 addirittura decide di abbandonare la tela per dedicarsi interamente all’intenso sbozzare e modellare.
Le influenze
Il giovane livornese ha realizzato un numero esiguo di opere scolpite,
a causa della sua salute cagionevole. Ma in quell’irrequieto modellare di pietre, Modigliani ha saputo racchiudere le suggestioni e le stimolanti novità, colte nel suo ambiente parigino prediletto. L’ispirazione per queste raffinatissime teste allungate nasceva da un primitivo vento africano che, in quegli anni, attraversava Parigi e che aveva già sedotto Picasso, Brancusi e ancora prima Gauguin.
Testa, 1911-1912 Testa, 1911-1913 Testa, 1912-1913
All’influenza dell’arte negra però, Modì ha saputo fondere la classicità della scultura greca, il Rinascimento italiano e l’arte orientale, con cui ha dato vita a sculture dalle forme pure ed enigmatiche.
Realizzate a taglio diretto, in contro tendenza con le tecniche di fusione diffuse in quell’epoca, le sculture di Amedeo Modigliani raccontano un uomo inquieto e travagliato.
I volti scolpiti nella pietra arenaria si presentano a volte incompiuti. Sbozzati su superfici ancora ruvide, spiccano nasi sottili (che i suoi colleghi chiamavano ironicamente “fette di brie”, il formaggio) e occhi ovoidali, appena accennati, privi di pupille. A volte le palpebre sono serrate, accolte sotto eleganti arcate sopraciliari. I menti stretti, i colli sottili e cilindrici accentuano lo slancio dei visi affusolati che, senza ombra di dubbio, ricordano i quadri del pittore stesso, le sensuali figure femminili dagli occhi vacui.
Testa, 1911-1912 Testa, 1912-1913
Gli studi preliminari
Al lavoro statuario, Modigliani anticipava disegni preparatori, di cui oggi rimangono poche tracce. Le teste scolpite nascevano da linee nette e incisive, da forme simmetriche, spesso associate a motivi architettonici. Il materiale veniva poi lavorato con estrema bravura, su soluzioni formali accuratamente studiate ad un ritmo incalzante.

Tutto ciò che ci rimane
L’opera scultorea di Modigliani è giunta a noi frammentaria e di difficile datazione. Ad oggi, tra collezioni private blindatissime e musei in ogni parte del mondo, si contano 23 teste e 2 cariatidi lavorate dallo scalpello dell’artista “maledetto”. Lo stesso Modigliani ne ha esposte personalmente solo sette e in una sola occasione, per presentarle al Salon d’Autumne, nella Parigi del lontano 1912.
Alla già difficile fruizione delle opere, si è poi aggiunta – nel luglio del 1984 – la burla delle tre teste false di Modigliani, che ha definitivamente scoraggiato la critica ad approfondire le ricerche.
Ma, nonostante tutto, il corpus rimane un frammento di arte di enorme valore e di intenso impatto emotivo che vale la pena conoscere e approfondire, per ammirarne la perfezione delle forme e il mistero di una materia lasciata incompiuta. Un simulacro lontano, dallo sguardo assente, in incredula contemplazione.