Quando l’amore fa male: a spasso tra i Caraibi con ‘La goletta Flight’ di Derek Walcott

Acquerello di Derek Walcott

È possibile che l’amore per una donna e per la propria terra finiscano col portare alla disperazione?

Oggi vorrei fare un esperimento: uno dei miei poeti preferiti in assoluto, Derek Walcott, ha scritto un poemetto che si intitola La goletta Flight. Si tratta di un testo molto lungo quindi non lo riporto tutto, ma ho provato a riassumere a grandi linee quello che succede e a riportare solo alcuni stralci, pochi versi che io trovo particolarmente belli.

Si tratta di un testo che affronta tanti temi diversi, a partire dalla difficoltà per un uomo sposato di essersi involontariamente innamorato di un’altra donna e dal dolore che questa situazione comporta, fino alla complessa situazione di identità culturale e sociale dei popoli dei Caraibi, discendenti degli schiavi africani e figli di soprusi secolari.

Non sono sicura che quello che ho trascritto nell’insieme abbia un senso, spero di sì 😉

Il protagonista dell’opera è Shabine, che descrive sé stesso come un marinaio con gli occhi verdemare e la testa di ruggine, un negro rosso che ama il mare. Il testo si apre con Shabine che lascia la sua amante addormentata per imbarcarsi come mozzo su un’imbarcazione, la goletta Flight. Nell’abbandonare la donna e la cittadina dell’isola di Grenada dove vivevano, Carenage, scrive:

guardo il cielo che brucia
sopra Laventille, rosa come la veste
in cui la donna che ho lasciato dormiva,
e nello specchietto vedo un uomo
identico a me, e quell’uomo piangeva
per le case, le strade, e tutta questa cazzo di isola.

 

Cristo abbia pietà di tutto ciò che dorme!
Da quella carcassa di cane giù in Wrightson Road
a quando il cane su queste strade ero io;
ma se amare queste isole dev’esser la mia croce,
dal marciume la mia anima s’invola

Un tema molto frequente in Walcott è l’amore per le sue isole, ma non è appunto un amore facile: sono terre sfavorite dalla storia, con un pesante passato coloniale e prima ancora di schiavitù. Eppure lui le ama di un amore doloroso, così come ama sia Maria Concepciòn, la donna che ha appena abbandonato, sia la famiglia che ha lasciato per stare con lei:

Mentre lavoro, guardando le onde marce passare

oltre la prua che sforbicia il mare come la seta,

vi giuro sul latte di mia madre, sulle stelle

che s’involeranno dalla fornace di questa notte,

che li ho amati, i miei figli, mia moglie, la mia casa;

li ho amati come i poeti amano la poesia

che li uccide, come i marinai annegati il mare.

[…]

Pensando al male che avevo fatto a mia moglie,

alle mie pene per quell’altra donna,

piangevo sott’acqua, sale in cerca di sale,

perché la sua bellezza m’era caduta addosso come una spada

a fendermi dai miei figli, sangue del mio sangue!

Da una parte c’è la sua situazione sentimentale, dall’altra il fatto che mentre sta navigando lo coglie la consapevolezza improvvisa che il Mar dei Caraibi è popolato di morti – tutte le vittime della storia, della tratta degli schiavi suoi antenati – diventati come coralli, con solo le ossa rimaste nella sabbia bianca: tutto questo fa sì che per un po’ Shabine stia così male da dover abbandonare la nave e scendere a terra. Qui la solitudine, il dolore di vivere senza una propria dimora, lo strazio per la donna che ha tradito e per quella che ha lasciato lo spingono a formulare questa breve e bellissima preghiera:

Dov’è la mia pace, Gesù? Dov’è il mio porto?

Dov’è il cuscino per cui non dovrò più pagare,

e la finestra che infine incornici la mia vita?

Shabine riprende poi il mare e prosegue narrando i propri spostamenti, finché una sera lo prende la nostalgia di Maria Concepciòn e scrive:

amavo solo te e amavo il mondo intero.

Cosa importa se le nostre vite sono diverse?

Gravate dall’amore dei nostri diversi figli?

Quando penso al tuo giovane viso lavato dal vento

e alla tua voce che ride nello schiaffo del mare?

Ma Shabine persiste nella volontà di restare da solo e la storia prosegue con lui che immagina di incrociare l’antica rotta degli schiavi, poi l’equipaggio della Flight viene colto da una tempesta e la goletta quasi affonda, ma dopo una notte di sforzi titanici riescono ad uscirne.

In qualche modo, l’essere sopravvissuto cambia Shabine, lo aiuta a mettere distanza tra sé e Maria Concepciòn, tanto che arriva a scrivere di non aver voluto più nulla dopo il giorno in cui ha scampato la tempesta. Un po’ come se avesse acquisito una prospettiva più ampia: non si concentra più sulla propria tragedia personale, ma nel suo commiato, con cui termina il poema, è pieno d’amore per il proprio mondo, per le isole dei Caraibi, per il proprio popolo e la sua storia.

Ci sono più isole laggiù, credimi,

che piselli su un piatto di latta, di tutte le taglie,

un migliaio nelle sole Bahamas, dai monti

alla bassa boscaglia coi banchi di corallo,

e da questo bompresso benedico ogni villaggio,

l’odore triste del fumo dalle colline sullo sfondo,

e quell’unica stradina che si attorciglia come spago

fino ai tetti di sotto; ho un solo tema:

il bompresso, la freccia, l’anelito, lo slancio del cuore –

il volo verso un bersaglio di cui mai sapremo lo scopo

ricerca vana di quell’isola che risana col suo porto

e un orizzonte senza colpa, dove l’ombra del mandorlo

non ferisce la sabbia. Ci sono così tante isole!

Tante quante le stelle di notte sui rami

di quell’albero da cui le meteore sono scosse

come frutti che cadono attorno alla Flight.

Ma le cose devono cadere, è sempre stato così,

da una parte Venere, dall’altra Marte,

cadono, e sono un’unica cosa, come questa terra

è un’unica isola in un arcipelago di stelle.

Il mio primo amico fu il mare. Ora è l’ultimo.

Smetto di parlare, adesso. Lavoro, poi leggo,

accucciato sotto una lanterna appesa all’albero.

Cerco di scordare cos’era la felicità,

e quando non mi riesce, studio le stelle.

A volte sono io solo, la spuma dolcemente recisa,

mentre il ponte si sbianca e la luna apre

una nube come una porta, e la luce su di me

è una strada di bianca luce lunare che mi riporta a casa.

Shabine ha cantato per te dagli abissi del mare.

Che dite, un po’ non vi è venuta voglia di andare a fare anche voi un bel giro nei Caraibi? Io è da quando ho letto Walcott che aspetto solo l’occasione giusta 😋 e penso che il bello della lettura sia anche questo potere di far conoscere altri mondi e far venire voglia di esplorarli.