La notte stellata di Van Gogh: perché consideriamo speciale questo artista e i suoi paesaggi?

Se doveste immortalare le emozioni che si agitano dentro di voi, non vorreste raggiungere un risultato vagamente simile alla Notte Stellata di Vincent Van Gogh, o di qualche altro suo stupendo quadro?

Negli ultimi tempi mi sono ripromessa di indagare insieme a voi sulle trasformazioni che ha subito nei secoli la pittura paesaggistica (per chi si fosse perso le altre puntate, ecco il link: Un incanto di panorama:10 paesaggi di grandi artisti che hanno fatto la storia), quindi non potevo che rendere omaggio anche a questo grande e unico artista che non ha seguito nessuna corrente, ma semplicemente è riuscito a dipingere il tormento e le sensazioni che hanno colorato la sua anima.

Per parlare del suo singolare modo di riprodurre gli scorci naturali, ho pensato che quest’opera fosse perfetta per esprimere quello che ho da dire.

Notte stellata, 1889

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Vincent Van Gogh, Notte stellata.

Chi era Vincent Van Gogh (1853-1890)?

Domanda forse scontata: credo che le sue sfortunate vicende siano pressoché di dominio pubblico, ma allo stesso tempo vi riassumo qui una breve biografia.

Vincent Van Gogh, nato in un villaggio olandese, è il figlio di un pastore protestante che ha interesse nel commercio di opere d’arte. Segue gli interessi paterni diventando un mercante d’arte e viaggiando così tra Londra, Parigi e l’Aia, fino al momento in cui viene colpito da una crisi mistica.

All’età di ventisette anni, decide di diventare un artista, iniziando con la riproduzione di soggetti che descrivono l’Olanda contadina, mediante l’utilizzo di colori cupi e poco sgargianti. Di questo periodo è I mangiatori di patate, per capirci.

Nel 1886, anche grazie all’aiuto del fratello Theo, si trasferisce a Parigi e conosce il mondo luminoso e sgargiante dell’Impressionismo e le stampe giapponesi che arrivano dall’Oriente ed iniziano ad essere una specie di moda. Qui i colori si fanno più vivaci e nasce in Van Gogh la volontà di sperimentare la pittura della realtà illuminata dal sole, così nel 1888 si trasferisce in Provenza ad Arles.

Invita Paul Gauguin, il suo maestro, a vedere i suoi progressi e soprattutto e condividere la sua entusiastica ricerca. La convivenza dei due artisti ad Arles ci regala degli interessanti esiti pittorici, però non va come sperato, poiché Vincent Van Gogh si comporta in maniera imprevedibile e nutre un forte senso di incomprensione e solitudine. L’apice delle discussioni conduce ad un avvenimento drammatico: le minacce con un rasoio a Paul Gauguin, la conseguente fuga ed infine il taglio autoinflitto di una parte dell’orecchio.

Successivamente Van Gogh decide di ricoverarsi in una casa di cura: segue un periodo in cui, nonostante la limitata disponibilità di soggetti da ritrarre, l’artista esegue praticamente un’opera al giorno, spesso riguardante i fiori del giardino e i celebri panorami con cipressi (è stata realizzata in questo periodo la celeberrima Notte stellata, di cui parliamo oggi).

Infine si trasferisce a nord di Parigi, a Auvers-sur-Oise. È proprio qui che nel luglio del 1890 si spara in un campo, per poi morire due giorni dopo, con il fratello Theo al suo capezzale.

Cose rende speciale la sua Notte stellata?

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Questo capolavoro di Vincent Van Gogh non descrive nient’altro che la notte vista dalla finestra della sua stanza nell’ospedale psichiatrico di Saint-Rémy; notte intesa nella sua accezione più ancestrale e ricca di significati, distribuiti nel tempo e nello spazio. L’osservatore non può che rimanere imprigionato all’interno di questa visione, si ritrova ad essere spettatore all’interno di un racconto, oppure di una rappresentazione senza fine.

Distogliere lo sguardo è difficile, non trovate? Eppure il soggetto di per sé non è così complicato: due cipressi in primo piano, un paese e delle colline in lontananza e infine una notte stellata, per l’appunto. Si tratta di pochi elementi che sono sufficienti a creare un incantesimo, insieme alla grande forza del colore e delle pennellate.

Trovo che venga spontaneo a chiunque perdersi nei dettagli di questo bellissimo quadro, che non è più impressionista e che sembra aprire le porte all’espressionismo, grazie all’uso del colore associato allo stato d’animo e alla percezione assolutamente soggettiva della realtà.

Il paesaggio in questo caso non è la riproduzione della realtà e nemmeno un’allegoria, così come non dimostra la volontà di cogliere un preciso istante oppure una precisa condizione di luce. Non è riconducibile al simbolismo e a nessun’altra corrente: Vincent Van Gogh è unico e la sua Notte Stellata ce lo conferma, con la sua incrollabile individualità.

Deve essere stata davvero difficile la sua vita, in un modo profondo e determinante che traspare in maniera davvero commovente in molte delle sue opere, tra cui questa.

Potrei sprecare centinaia di parole per descrivere gli astri turbinosi ed in generale quello che percepisco della tormentata pittura di Van Gogh, ma credo che la Notte Stellata si spieghi da sola: sono convinta che il modo migliore per conoscerla sia osservarla.

Se invece non siete ancora soddisfatti e volete leggere un commento più competente, ecco la descrizione dell’opera nel sito del MoMA di New York, il museo che ha la fortuna di ospitarla (dedicato a chi se la cava con l’inglese).


In conclusione, non trovate anche voi che l’Ottocento sia un secolo incredibile a livello di pittura? Persino l’arte rispecchia il fermento e la vivacità culturale che lo hanno caratterizzato, donandoci movimenti pittorici che spaziano in ogni direzione. Per esempio in un settore come il paesaggio, non non è fantastico il fatto che negli stessi anni si possano trovare, tanto per fare degli esempi, Van Gogh, Millet, Monet e Bocklin?

Io trovo che tutto questo sia stupendo, e secondo me ci vengono offerti davvero molti spunti di riflessione e approfondimento (che, da brava blogger d’arte, cercherò di cogliere 😉).

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