«Mettere ordine nel caos, questa è la creazione», e queste le parole che Apollinaire scrisse su Henri Matisse in un’intervista del 1907.
Chiunque si sia imbattuto in un dipinto del famoso pittore francese avrà percepito quella raggiante serenità che emanano i colori e le forme impressi sulle tele. Tra le intensità del blu e la sfacciataggine dei rossi, la vivida immaginazione di Henri Matisse ha dato vita ad un’arte dal linguaggio insolito, inconfondibile e rassicurante, che tutti oggi riconosciamo.
Gli esordi accademici
Henri Matisse non è stato un bambino prodigio come il suo amico Pablo Picasso, di 12 anni più giovane. Intraprende gli studi di legge ma, costretto per lungo tempo a letto, scopre l’amore per la luce e la pittura. Allora, assecondato dalla madre, si stabilisce a Parigi dove entra nello studio di Gustave Moreau all’École des beaux-arts. Qui studia la tradizione romantica e approfondisce i maestri del passato. Ma il cuore del giovane artista vaga, insoddisfatto, alla ricerca della luce.
In una serie di viaggi tra il sud della Francia, il Marocco e l’Italia, Matisse rivoluziona la sua tavolozza, che assorbe toni sempre più chiari e luminosi. Il giovane è ormai stanco dei pomeriggi trascorsi al Louvre per copiare i dipinti e studiarne le tecniche. I suoi occhi si poggiano su Corot, Monet, Cézanne. Le sue tele si caricano di colori pieni, densi, di tagli obliqui e di contorni netti e spigolosi.
Ma dopo l’estate del 1904 la sua pennellata acquisisce un tratto proprio, una nota imprescindibile, che farà di Henri Matisse il più importante rappresentante dei Fauves.
Ma chi sono esattamente i Fauves?
La breve avventura di questo gruppo di pittori, variegato e poco omogeneo, iniziò nell’ottobre del 1905, all’inaugurazione del Salon d’Automne di Parigi. Queste “belve” (questo il significato dell’appellativo Fauves che a loro venne velocemente affibbiato) erano alla ricerca di una loro libertà espressiva. Una vivezza coloristica tutta nuova – un incendio di colori – che riuscisse ad esprimere la joie de vivre, la voluttà della vita, la bellezza di ogni istante inaspettato.
E le loro tele – dagli accostamenti così violenti, così spregiudicati – in quell’autunno parigino sconvolsero il pubblico. La donna con cappello (1905) di Matisse – un ritratto della moglie costruito su macchie di colore verde, blu e rosso – finì nel mirino della critica. Fu allora che Matisse divenne il capofila di quel manipolo di artisti rivoluzionari e insofferenti alle regole.
Il colore: la voce di dentro
Attraverso i suoi quadri, Matisse ha assolto il colore da ogni servitù e da ogni relazione con corpi e oggetti. Ogni tinta si è liberamente appropriata di elementi a cui non era realmente legata. Tutti i colori – vivissimi, fortissimi – irrompono senza scrupoli, deflagrano con violenza e si impossessano della tela e dello spettatore, in una melodia disarmante e gioiosa.
Quando ho trovato il rapporto di tutti i toni, il risultato dev’essere un’armonia vivente di toni, un’armonia non dissimile da quella di una composizione musicale.
Note di un pittore, H. Matisse
Tanti sono i quadri che si potrebbero citare, in questo baccanale di forme e colori. Dai toni blu sui capelli di Madame Matisse in Ritratto con la riga verde (1905), alle rosse chiome degli alberi nella Joie de vivre (1905-1906), al cremisi bidimensionale in Interno rosso (1947), ai contrasti monumentali ne La Danza (1909-1910).
Ma l’arte di Matisse con il tempo elimina ogni elemento accessorio, approdando – in tarda età – su forme di astrattismo coloristico che ancora oggi tolgono il fiato.
Celebre la sua serie di Nudi Blu, che hanno forme di donne, accovacciate su se stesse, senza volti. Ombre e sagome di colore, in cui il contrasto tra l’azzurro dei corpi e il bianco degli sfondi è l’unico luogo in cui prendono vita quei capolavori.

Il colore soprattutto, forse ancor più del disegno, è una liberazione.
Henri Matisse
Felici e improbabili accostamenti di colori primari stesi con forza vitale e senza sfumature. Netti, intensi, determinanti. A cui l’artista accosta colori complementari, per rafforzarne il messaggio vivificante.
Matisse ha dipinto intensità e allegria. In una ferocia di colori che affidano la sovranità indiscussa alla luce. Che stranisce e colpisce, e ci ricorda l’intensità dei sapori, la cruda felicità della vita.
Un rito della solarità, un inno alla vita.