5 poesie sui gatti (a stare a casa si diventa più gattari che mai 😸)

Franz Marc, Tre gatti, 1913

Mai come in questi giorni di reclusione la compagnia di un animale domestico è una fortuna e una benedizione 🐱🐶 Per quanto a me piacciano molto gli animali in generale, non posso nascondere di avere una vera e propria adorazione per i gatti – al punto che spesso mi trovo a perdere ogni dignità di fronte alla perfezione di una zampetta o alla morbidezza del pelo dei nostri amichetti a quattro zampe.

Sicuramente non sono l’unica a subire il fascino di queste splendide creature, come si può notare anche dalle poesie sui gatti che vi propongo di seguito; alcune sono di autori famosi, altre sono meno conosciute, ma tutte hanno in comune l’amore per questi adorabili e indecifrabili felini.


Fernando Pessoa, Gatto che giochi per via

 

 

Gatto che giochi per via
come se fosse il tuo letto,
invidio la sorte che è tua,
ché neppur sorte si chiama.

 

Buon servo di leggi fatali
che reggono i sassi e le genti,
hai istinti generali,
senti solo quel che senti;

 

sei felice perché sei come sei,
il tuo nulla è tutto tuo.
Io mi vedo e non mi ho,
mi conosco, e non sono io.

 

traduzione di Antonio Tabucchi

In questa bellissima poesia l’autore secondo me condensa l’essenza del gatto. Mi piace anche come, alla fine, aggiunge qualcosa su di sé e su come non per forza la coscienza della propria esistenza porti ad una maggiore felicità o conoscenza in generale.


Nell’ombra del verde fogliame,
pagliuzze d’oro sinistro:
gli occhi di un gatto tutto inchiostro

 

Kawabata Bōsha

 

(traduzione di Irene Starace)

Io raramente riesco a resistere alla grazia degli haiku e anche questa volta non riesco a non stupirmi di fronte alla vividezza dell’immagine che queste poche parole riescono a tratteggiare.


Wisława Szymborska, Il gatto in un appartamento vuoto

 

 

Morire – questo a un gatto non si fa.
Perché cosa può fare un gatto
in un appartamento vuoto?
Arrampicarsi sulle pareti.
Strofinarsi tra i mobili.
Qui niente sembra cambiato,
eppure tutto è mutato.
Niente sembra spostato,
eppure tutto è fuori posto.
E la sera la lampada non brilla più.

 

Si sentono passi sulle scale,
ma non sono quelli.
Anche la mano che mette il pesce nel piattino
non è quella di prima.

 

Qualcosa qui non comincia
alla sua solita ora.
Qualcosa qui non accade
come dovrebbe.
Qui c’era qualcuno, c’era,
poi d’un tratto è scomparso
e si ostina a non esserci.

 

In ogni armadio si è guardato.
Sui ripiani si è corso.
Sotto il tappeto si è controllato.
Si è perfino infranto il divieto
di sparpagliare le carte.
Che altro si può fare.
Aspettare e dormire.

 

Che lui provi solo a tornare,
che si faccia vedere.
Imparerà allora
che con un gatto così non si fa.
Gli si andrà incontro
come se proprio non se ne avesse voglia,
pian pianino,
su zampe molto offese.
E all’inizio niente salti né squittii.

 

traduzione di Pietro Marchesani

Questa forse non rientra propriamente tra le poesie sui gatti, ma è una poesia sulla relazione tra un uomo e il suo gatto – che descrive con grande acutezza alcuni degli atteggiamenti che chi ha un gatto molto probabilmente riconoscerà – e soprattutto è una poesia sulla tristezza dell’assenza e sul fatto che, a modo loro, anche gli animali vivono il lutto.

Come sempre, la Szymborska riesce a trasmettere un’emozione a chi legge, nel suo modo limpido e diretto. La poesia è tristissima ma è anche bellissima, secondo me.

Franz Marc, Gatto su un cuscino giallo, 1912


Charles Baudelaire, I gatti

 

 

Gli innamorati ardenti e i sapienti austeri,
tutti, nella loro età matura, amano
i gatti forti e dolci, orgoglio della casa,
freddolosi anch’essi e anch’essi sedentari.

 

Amici della scienza e della voluttà
cercano il silenzio e l’orrore delle tenebre;
l’Erebo li avrebbe presi come corrieri funebri
se potessero piegare l’orgoglio alla schiavitù.

 

Pensando, assumono nobili pose
da grandi sfingi accosciate in fondo a solitudini
e sembrano addormentarsi in un sogno senza fine;

 

quelle reni feconde son piene di magiche scintille,
e atomi d’oro, come sabbia fine,
costellano vaghi quelle mistiche pupille.

 

traduzione di Claudio Rendina

Uno dei più famosi adoratori di felini di tutta la storia è proprio Baudelaire, che ai nostri amici gatti ha dedicato un bel po’ di versi. Di questa poesia a me piace tantissimo la descrizione accurata ma anche molto mistica, particolarmente adatta alla natura un po’ ambigua e misteriosa dei gatti.


T.S. Eliot, Il nome dei gatti

 

 

Dare un nome a un gatto è una faccenda particolare,
Tutt’altro che uno sport da incompetenti;

 

Penserete che io sia matto da legare
Se vi dico che un gatto ha TRE NOMI DIFFERENTI.

 

Primo, il nome che la famiglia usa di solito,
Come Pietro, Augusto, Gianni o Alonzo,

 

Come Vittorio o Giona, Baffo o Ippolito:
Tutti nomi comuni d’ogni giorno.

 

Ci sono nomi più ricercati, con un suono più fine,
Come Platone, Admeto, Elettra, Astolfo,

 

Sia per i signori che per le signorine:
Però tutti nomi comuni d’ogni giorno.

 

Ma un gatto ha bisogno di un nome speciale,
Un nome esclusivo, più meritorio,

 

Altrimenti come potrà la coda inalberare
O sollevare i baffi o compiacere il suo orgoglio?

 

Di questo tipo di nomi ve ne cito qualcuno,
Come Munkustrap, Quaxo o Caricopatto,

 

Come Bombalorina, o Jelliloruno:
Nomi che appartengono sempre a un solo gatto.

 

Ma al di là di questi c’è un nome sottile,
E si tratta del nome che non indovinerete mai;

 

Il nome che nessuna indagine umana può scoprire:
MA IL GATTO STESSO LO SA, e non rivelerà mai,

 

Quando vedete un gatto in profonda meditazione,
È sempre, sappiate, per la stessa ragione:

 

La sua mente è rapita in estatica contemplazione
Del pensiero, del pensiero, del pensiero del suo nome:
Il suo ineffabile effabile
Effineffabile

 

Profondo e inscrutabile singolo Nome.

 

traduzione di Massimo Bacigalupo

Persino un autore serissimo come T.S. Eliot adorava i gatti! Questa poesia è tratta Il libro dei gatti tuttofare – Eliot li amava talmente tanto che ha dedicato loro un intero libro.

07_Franz Marc, Tre gatti, 1913-2