Una poesia contro l’odio

Jeremy Mann, Times Square Lights (https://redrabbit7.com/cityscape)

Leggendo degli allucinanti fatti accaduti recentemente in Nuova Zelanda, mi è venuta in mente una poesia bellissima che ho letto qualche tempo fa, scritta da un giovane poeta contemporaneo statunitense, che si chiama Jameson Fitzpatrick. Non è particolarmente famoso nella sua terra di origine e men che meno da noi, che io sappia di suo non è stato tradotto nulla, io l’ho conosciuto per caso.

Ci sono molte critiche che si possono muovere agli Stati Uniti, ma la disattenzione nei confronti della cultura, almeno in certi ambienti, non è tra queste. Perlomeno, rispetto al nostro Paese hanno un’attenzione nei confronti della poesia ben maggiore, il che fa sì che il panorama della poesia contemporanea statunitense sia ben più florido e variegato.

Questo fa sì che un messaggio importantissimo – come, ad esempio, la sacrosanta rivendicazione del diritto di esistere in pace per gli omosessuali – possa trovare diffusione anche grazie ad una forma artistica, in un modo non tradizionale, ma sicuramente efficace e diretto.

Il motivo per cui in questi giorni ho pensato alla poesia che trovate di seguito è che anche qui si parla di un attentato: la matrice e il contesto sono diversi, ma l’odio è sempre lo stesso – che sia scagliato contro gli omosessuali o contro persone di religioni diverse, è sempre il Male (lo metto apposta con la maiuscola perché la volontà di sparare contro persone innocenti che stanno vivendo tranquillamente la loro vita mi sembra una delle forme di male più abiette che esistano al mondo).


Jameson Fitzpatrick, Una poesia per la vita

 

Ieri sera sono andato in un gay bar
con un uomo che un po’ amo.
Dopo cena, abbiamo bevuto un drink.
Ci siamo seduti in fondo al grande cortile
e lui mi ha chiesto: Cosa faremo quando questo posto chiuderà?
Non credo che andrà da nessuna parte nel prossimo futuro, ho detto,
sebbene ci fosse poca gente per essere sabato,
e lui ha detto: Sì, ma un giorno. Dove andremo?
Mi ha accompagnato per mezzo isolato fino a casa,
e mi ha dato il bacio della buonanotte sugli scalini –
per bene: non troppo veloce, abbastanza vicino
che le nostre pance si sono premute una contro l’altra
in una specie di secondo bacio.
Io vivo vicino ad un bar che non è un gay bar
– si chiamano solo bar, immagino –
e siccome è famoso
e siccome vivo su una strada frequentata
ci sono sempre persone che non sono queer
sul marciapiede di sera.
Solo persone, immagino.
Erano lì la notte scorsa.
Mentre io baciavo quest’uomo ero consapevole di loro che guardavano
e di me che mi chiedevo se per loro fosse ok.
Ma non ho permesso a me stesso di avere paura, l’ho baciato
esattamente come volevo, come avrei fatto senza un pubblico,
perché ho deciso molti anni fa di rifiutare questa paura –
un atto di resistenza. Ho lasciato
fuori l’idea di odio, sui gradini, e sono entrato
a dormire, presto e ubriaco e felice.
Mentre dormivo, un uomo è entrato in un gay club
con due fucili e ha ucciso quarantanove persone.
Oggi, in un’intervista, suo padre ha detto che era stato infastidito
recentemente dalla vista di due uomini che si baciavano.
Che strano potere con cui essere maledetti:
che la prova del desiderio degli uomini spinga gli uomini alla violenza.
Che cos’è un singolo bacio? Io ho dato dei baci
di cui nessuno ha mai saputo, così tanti
baci senza conseguenze –
ma c’è un posto a cui non puoi sfuggire,
chiunque tu sia.
Ci sarà un tempo in cui.
Potrebbe essere un proiettile, improvvisamente.
Il suo suono. Molti.
Un uomo, due fucili, cinquanta morti –
Due uomini che si baciano. La notte scorsa
da cui non riesco a scappare, immaginandola, immaginando loro,
le persone lì per ballare e ridere e bere,
che non pensavano sarebbero morte, che non avrebbero potuto pensarlo.
In quale altro modo puoi divertirti?
In quale altro modo puoi vivere?
Ci devono essere stati due uomini che si baciavano
per la prima volta ieri sera, e per l’ultima,
e anche due donne, e due persone che non erano né l’uno né l’altra.
Persone di colore, cosa che non può essere una coincidenza in questo Paese
che è un Paese razzista, che è un Paese di armi.
Oggi penso a Flower Power, la fotografia
di Bernie Boston del manifestante contro la guerra in Vietnam che metteva
garofani nei fucili della Guardia Nazionale,
e desidero un gesto altrettanto semplice e queer.
Il manifestante nella foto era gay, sapete,
si faceva chiamare Ibisco e morì di AIDS,
altra cosa a cui sto pensando oggi perché
(la risposta del governo al-) l’AIDS fu un crimine d’odio.
Adesso abbiamo un presidente che ci chiama per nome,
noi grandi ed imperfettamente istruiti, ed eccoci qui
a farci baciare sugli scalini, alcuni di noi a sposarsi,
alcuni di noi ad essere uccisi.
Dobbiamo amarci l’un l’altro, che moriamo oppure no.
L’amore non può bloccare un proiettile
ma nemmeno può essere abbattuto da nessuna arma,
e l’amore è, per la gran parte, ciò che ci costituisce –
a Orlando e a Brooklyn e a Kabul.
Saremo dappertutto, sempre;
non c’è un altro posto dove andare, per noi o per te.
Ovunque tu fugga in questo mondo, l’amore sarà lì ad accoglierti.
Dietro ogni angolo, potrebbero esserci due uomini. Che si baciano.

Come ho scritto sopra, non credo che questa poesia sia mai stata tradotta, perciò quella che vi propongo è una traduzione mia. Consideratela una traduzione di servizio, se qualcuno volesse leggere il testo originale lo trovate qui.