Come si vedeva Edvard Munch? Sei autoritratti per immaginare questo grande artista

Anche secondo voi Edvard Munch è uno degli artisti che meglio ha saputo  trasporre su tela le emozioni che provava, che si trattasse di pace (poca) o tormento (molto)?

L’Urlo è certamente emblematico, da questo punto di vista, ma io credo che sia una costante in molti dei suoi capolavori. Dopotutto ci troviamo negli anni cruciali dell’industrializzazione, delle guerre e in generale della crisi dell’uomo contemporaneo, e lui dà voce a tutto questo in una maniera personale e avvincente.

Per questi motivi credo che sia interessante, per il nostro ciclo dedicato agli Autoritratti d’autore, parlare anche della maniera estremamente unica che ha avuto di rappresentare sé stesso. Esistono infatti molti suoi autoritratti, ma prima di scoprirli vi lascio una breve biografia per inquadrare in personaggio, nel caso siate curiosi, e il link ad un post che vi racconterà un po’ delle sue opere.


Chi era Edvard Munch (1863-1944)?

Nato a Løten e cresciuto a Oslo, Edvard Munch è segnato in giovane età da due lutti familiari che sono destinati ad influenzare tutta la sua successiva produzione: la morte della madre e della sorella prima di raggiungere l’età adulta. Estremamente promettente, studia all’Accademia di belle arti di Oslo, anche se i fantasmi del suo passato continuano a seguirlo: esplora infatti il tema della morte e della vita, della passione e soprattutto della donna e della femminilità, argomenti che lo riempiono di angoscia.

Nel 1889 soggiorna a Parigi, mentre nel 1891 è a Berlino per esporre le sue opere innovative e scandalizzare la critica più tradizionalista, ancora lontana dal comprenderlo. Intanto che la fama si avvicina, cerca riparo dalle sue debolezze nell’alcolismo,  senza poi riuscire ad evitare il ricovero a Copenaghen per crolli nervosi.

La sua è una vita senza pace ed armonia e per tutte queste ragioni i suoi quadri riempiono sovente l’osservatore di inquietudine. Si percepisce l’ossessione nelle tematiche anche dalla frequenza con cui elabora e rielabora gli stessi soggetti, che quasi sempre sono figure umane in un ambiente esterno o interno di scarsa rilevanza. Edvard Munch è consapevole della sua condizione e non se ne vergogna, anzi si rende conto del contributo che essa dà alla sua ispirazione, come si evince da una sua stessa affermazione: Senza paura e malattia la mia vita sarebbe una barca senza remi.

Muore a ottant’anni e lascia tutte le sue opere in dono alla città di Oslo, che realizza un museo (bellissimo) dedicato a lui.


Bene, dopo questa succinta biografia penso che sia ora di entrare nel vivo e scoprire sei dei numerosi autoritratti che Munch ha dipinto nel corso della sua lunga vita d’artista.

Edvard Munch, Autoritratto (1882)

Edvard-Munch_Autoritratto-1882

A diciannove anni, Edvard Munch ci diletta con un autoritratto tutto sommato tradizionale e in linea con i tempi, caratterizzato da pennellate precise e da lineamenti ben disegnati, che descrivono una grande risolutezza.

Abbiamo di fronte un pittore promettente, non trovate anche voi? È sempre interessante vedere l’abilità tecnica degli artisti che negli anni successivi sono caratterizzati da un percorso decisamente meno realistico e figurativo.


Edvard Munch, Autoritratto con braccio di scheletro (1895)

Edvard-Munch_Autoritratto-con-braccio-di-scheletro-1895

Il protagonista di quest’incisione (litografia, per essere precisi) è invece un uomo fatto, i cui lineamenti sono definiti da segni vigorosi rapidi, quasi schematici. Quella che inizia a cambiare, rispetto all’opera precedente, è l’espressione, meno risoluta e più meditabonda. 

Questo autoritratto di Edvard Munch è sicuramente più originale, con un uso significativo del nero e il braccio di scheletro, macabro particolare che riflette un po’ delle sue ossessioni.


Edvard Munch, Autoritratto con sigaretta accesa (1895)

NOR Selvportrett med sigarett, ENG Self-Portrait with Cigarette

Mi stupisce sempre leggere che questo quadro sia stato eseguito nello stesso anno del precedente: non sembra anche a voi diversissimo nell’idea che l’artista ha di sé stesso?

Qui siamo di fronte a un quadro che trovo particolarmente affascinante, in cui Edvard Munch, avvolto (ma non inghiottito) dalle tenebre è il protagonista, elegantemente vestito ed intento a fumare. La mano che regge la sigaretta è il mio particolare preferito, insieme all’illuminazione artificiale decisamente suggestiva.


Edvard Munch, Autoritratto con una bottiglia di vino (1906)

Edvard-Munch_Autoritratto-con-una-bottiglia-di-vino1906

Undici anni dopo, Munch si mostra a noi in un’altra veste, isolata e introspettiva. La sua solitudine è innegabile, nonostante la presenza di altre figure nell’opera, e l’unica compagnia potrebbe essere la bottiglia di vino, sintomatica se teniamo a mente che l’alcolismo è una dipendenza che lo accompagnerà tutta la vita.


Edvard Munch, Autoritratto in clinica (1909)

Edvard-Munch_Autoritratto-nella-clinica-1909

Qui invece vediamo Edvard Munch durante il ricovero, avvenuto in seguito ad un crollo nervoso. 

L’artista ci sembra quasi rilassato, come a suo agio in questa situazione, ma ciò che mi colpisce maggiormente sono le pennellate, abbastanza distanti da quelle che ci vengono in mente pensando alle sue opere. La tela pare persino essere lasciata bianca in certi punti, mentre i colori sono saturi e senza sfumature, con l’eccezione del volto, trattato in maniera più plastica.


Edvard Munch, Notte insonne: autoritratto con turbamento interiore (1920)

Edvard_Munch-Notte insonne-autoritratto con turbamento interiore_1920

Infine, questo è un autoritratto che mi piace molto perché, oltre a mostrarci il volto, Munch ci racconta senza vergogna un frammento della sua quotidianità, ovvero le notti insonni in cui regna il turbamento.

Vediamo la sua casa e il suo modo per affrontare questo particolare stato mentale, affrontato in maniera quasi stoica.


Allora, vi è piaciuta questa piccola galleria? Io la trovo molto bella perché penso che il percorso di questo straordinario artista possa essere letto anche attraverso i suoi autoritratti, caratterizzati da una grande profondità e destinati a mutare nel corso degli anni, ben più velocemente della fisionomia del loro creatore. Riflettono allo stesso tempo il suo carisma e le sue debolezze, la consapevolezza di sé ed il turbamento, non trovate anche voi?