Un incanto di panorama: 10 paesaggi di grandi artisti che hanno fatto la storia

Come riescono i grandi artisti a trasformare in capolavori i paesaggi che scorgono dalla finestra?

Se vi ricordate, questo è un cruciale interrogativo da vero blog d’arte a cui ho cercato di rispondere in una lunga serie di articoli, sparsi nel tempo e compresi nel tema “un incanto di panorama”.

Abbiamo visto come un dipinto paesaggistico possa essere prima di tutto una sfida, dal momento che equivale ad andare oltre la fotografia e la sterile riproduzione della realtà, cercando di esprimere qualcosa in più. Questo “qualcosa” è una caratteristica quanto mai variabile, che può dipendere dalla ricerca personale dell’artista, dal suo vissuto e dalla sua sensibilità.

A pensarci, nella storia dell’arte ci sono stati lunghi periodi in cui questo tema non ha avuto una grande rilevanza e il panorama ha avuto solamente la funzione di fare da fondale a soggetti più nobili, come ritratti o scenari religiosi. Basta pensare al lunghissimo medioevo, che ci regala raramente dei paesaggi, quasi mai realistici e quasi sempre allegorici.

Per questa ragione, gli articoli che ci hanno condotto alla scoperta dei paesaggi famosi nell’arte iniziano da quella stupenda rivoluzione che è il Rinascimento, ed è proprio da qui che vorrei partire con il mio riepilogo (cliccando sui titoli, si aprirà il link al post).


1. La Tempesta di Giorgione: 500 anni di mistero in uno stupendo paesaggio

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Come già accennato, ho iniziato con il Rinascimento e più precisamente con Giorgione ed il suo capolavoro, il misteriosissimo quadro La Tempesta.

Ne ho parlato in maniera più approfondita nel post in questione, mi limito a ripetere che si tratta di un’opera misteriosa nel soggetto e innovativa nello sfondo: prima di Giorgione in pochi si sono cimentati nella sfida della riproduzione del mondo naturale come rappresentazione di qualcosa di nascosto ed intimo, ed è proprio questo secondo me il grande valore del quadro, la scelta di rappresentare un fenomeno che incombe eppure non spaventa.


2. La Torre di Babele di Bruegel il Vecchio: quando paesaggio e architettura compongono un capolavoro

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Spostandoci a nord, il secondo post è dedicato alla Grande torre di Babele di Bruegel il Vecchio, un capolavoro che descrive il secondo scenario del Rinascimento, quello fiammingo, da cui è provenuto un grande contributo allo sviluppo della pittura paesaggistica occidentale.

I Paesi Bassi, per tradizione più attenti alla riproduzione di scene realistiche e popolari, vivono in questo periodo una fase di grande interesse nei confronti del mondo naturale e di molteplici e innegabili influenze reciproche con l’Italia. In particolare, con i suoi mille dettagli e con le innumerevoli sfaccettature, questo dipinto rappresenta l’apoteosi di questo momento storico e la perfetta riproduzione di un paesaggio in cui architettura e natura convivono in maniera intensa e turbolenta.


3. Perché il viandante sul mare di nebbia di Friedrich è considerato un inno al Romanticismo?

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In tema di paesaggi, per trovare dei sostanziali cambiamenti dobbiamo arrivare al lungo Ottocento, il secolo che più di tutti rivaluta il mondo naturale, attraverso le varie correnti artistiche che si susseguono e che accelerano lo scorrere del tempo.

Finalmente si compie il tuffo oltre la ormai famigerata linea d’ombra e noi ci ritroviamo in primo luogo estasiati di fronte al sublime, espressione della forza della natura. Così, la terza tappa è un capolavoro indiscusso, il famoso Viandante sul mare di nebbia di Caspar David Friedrich, simbolo del Romanticismo tedesco e apoteosi dell’idea di Sturm und Drang (tempesta e impeto).


4. J. M. W. Turner: la rivoluzione del colore e della luce nella pittura del paesaggio

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Dopo il Romanticismo tedesco, passiamo a quello inglese con un omaggio ad un capolavoro di Joseph Mallord William Turner, L’incendio delle camere dei lord e dei comuni.

Il salto in avanti che questo maestro della storia dell’arte compie riguarda i soggetti, la tecnica, la pennellata e soprattutto la luce, che è l’indiscussa protagonista di quest’opera. La sua mano fatata apre porte destinate ad essere sfondate nei decenni successivi e racconta storie emozionanti, testimonianza di un periodo storico, ma anche della natura umana.


5. Millet e la Scuola di Barbizon: la realtà invade il mondo della pittura

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Dopo il Romanticismo, passiamo ad un altro movimento ottocentesco, il Realismo, che si evolverà in seguito nell’Impressionismo.

I covoni di fieno di Jean Francois Millet è una veduta che racchiude un’immortale visione del mondo, unita all’affetto per la quotidianità e all’abitudine a vivere immersi nella natura.

Nel periodo storico in cui le Accademie di Belle Arti di tutta Europa sono piene di ninfette e scene mitologiche, Millet e la Scuola di Barbizon mettono in scena una rivoluzione portando in primo piano la realtà e dimostrandoci come l’impronta divina sia da ricercare nella vita dei campi e non nelle algide visioni intellettuali e manieriste.


6. La gazza di Claude Monet: cosa rende quest’opera un capolavoro?

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Come anticipato, il Realismo apre la porta a quello che sarà destinato a diventare il movimento artistico più amato di tutti i tempi, l’Impressionismo.

Osservando La gazza di Monet ci si rende conto che il paesaggio diventa in questo caso l’impressione di un momento, aspetto sottolineato dalle pennellate rapide e dalla spontaneità che contraddistingue un tale capolavoro. In pratica, il succo di questo genere pittorico, non trovate?


7. L’isola dei morti di Arnold Böcklin: cosa racconta l’emblema del Simbolismo?

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In questa galleria, non potevo non menzionare il quadro che per tutti è l’icona del Simbolismo, L’isola dei morti di Arnold Böcklin.

Si conosce poco delle intenzioni dell’artista e nulla della storia che vuole raccontare, però non si può negare che questa scena abbia la forza di spingere l’osservatore all’interno di una visione onirica, di un sogno lontano eppure prossimo, pregno di riferimenti culturali e geografici.


8. La notte stellata di Van Gogh: perché tutti consideriamo speciale questo artista e i suoi paesaggi?

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Ed ecco un ultimo omaggio allo straordinario panorama artistico dell’Ottocento, dedicato ad un artista indefinibile e amatissimo, Vincent Van Gogh, che con la sua celebre e bellissima Notte stellata insegna come un paesaggio possa avere un’anima.

Quest’opera non descrive altro che la notte vista dalla finestra della sua stanza nell’ospedale psichiatrico di Saint-Rémy, notte intesa nella sua accezione più ancestrale e ricca di significati distribuiti nel tempo e nello spazio. L’osservatore non può che rimanere imprigionato in questa visione, si ritrova ad essere spettatore all’interno di un racconto o una rappresentazione senza fine.


9. La Piazza Rossa di Vassily Kandinsky: il paesaggio che diventa astratto

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Arrivando al Novecento, non ho avuto dubbi, così ecco a voi un omaggio all’Astrattismo con La Piazza Rossa di Vassily Kandinsky.

Si tratta di un’opera in bilico tra il figurativo e l’informale, di un quadro che, per essere compreso e ammirato, va visto nei dettagli. Spalanca un universo quasi fiabesco in cui Mosca diventa un’idea, l’impressione di un ricordo.


10. La Casa vicino alla ferrovia di Edward Hopper: perché ci affascina questo paesaggio inanimato?

House by the Railroad, by Edward Hopper

Per chiudere questa galleria, ho scelto un quadro che forse sembra un passo indietro, un ritorno all’ordine dopo il caos divino gettato dalle Avanguardie, tra cubismo, futurismo e astrattismo.

Si tratta della Casa vicino alla ferrovia di Edward Hopper e rappresenta la deriva oltreoceano, ricca di riferimenti europei, della pittura paesaggistica. È un quadro puramente figurativo, eppure ci trasporta ad un livello superiore di interpretazione, percepibile ma difficile da definire.

Dopotutto la modernità non equivale unicamente a spingersi sempre più lontano o a forzare la sperimentazione; ci sono momenti in cui si compiono arditi passi in avanti e periodi in cui ci si torna a confrontare con il passato e con quello che già si conosce, interpretandolo con occhio contemporaneo. È così da sempre e nemmeno il nostro turbinoso Novecento è riuscito a cambiare le carte in tavola.


In conclusione, spero proprio che questo excursus vi sia piaciuto. Mi rendo conto che si tratta di una scelta arbitraria tra le centinaia di opere che avrei potuto analizzare, ma ho cercato di costruire una sorta di itinerario e mi auguro di esserci riuscita, almeno in parte.

Trovate abbia dimenticato qualcuno oppure siete d’accordo con la mia selezione? Qual è l’opera che preferite? Se vi va, fatemi sapere 😉

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