Aspettare o agire? Il luogo dell’attesa di Theodor Geisel

Edward Hopper, Nottambuli, 1942. Edward Hopper, Nottambuli, 1942.

La scorsa settimana abbiamo parlato della difficoltà di scegliere in una poesia scritta con un intento scherzoso, ma che è stata presa molto sul serio (se ve la siete persa, la trovate qui). Oggi, per rimanere in argomento, vorrei parlare di un’altra poesia che affronta il tema della scelta, con un tono leggero e quasi da filastrocca, anche se in realtà sotto un aspetto innocuo si cela il ritratto di uno dei luoghi dove prima o poi quasi tutti ci sentiamo intrappolati: quello dell’attesa senza riserve.


da Theodor Geisel, Oh, i posti dove andrai!

Quando ti trovi in un periodo buio,
c’è poco da restare allegri. […]
Arriverai in un posto dove le strade non sono segnate.
Alcune finestre sono illuminate. Ma la maggior parte sono oscurate. […]
Osi stare fuori? Osi entrare?
Quanto puoi perdere? Quanto puoi guadagnare?

E se entri, gireresti a sinistra o a destra…
o a destra e tre quarti? O, forse, né quella né questa? […]
Potresti confonderti al punto
da iniziare una volata
a rotta di collo per una strada dirupata
e sfacchinerai per miglia attraverso una strana area disabitata,
dirigendoti, temo, verso una zona desolata.
Quella dell’attesa incondizionata…

… per gente che attende.
Attende che un treno parta
o che un autobus arrivi, o che un aereo parta
o che la posta arrivi, o che la pioggia smetta
o che il telefono squilli, o che la neve cada in fretta […]
C’è solo gente che aspetta.

Aspetta che un pesce abbocchi
o che il vento sollevi gli aquiloni […]
o un filo di lustrini, o un paio di pantaloni
o una parrucca coi ricciolini, o altre occasioni.


Questi versi sono tratti da un libro illustrato per ragazzi, che in America è molto popolare soprattutto come regalo per i diplomati. Il testo da cui è tratta è molto più lungo e ha un taglio ottimista, termina con un’esortazione all’esplorazione e con la certezza che il ragazzo destinatario della poesia riuscirà ad abbandonare il luogo dell’attesa e a proseguire oltre, verso un futuro brillante.

Io mi sono fermata qui non perché sono contraria alle conclusioni felici, ma perché adesso mi interessava la descrizione del luogo dell’attesa. Nonostante l’apparente facilità e immediatezza, infatti, la trovo adatta non solo ad un ragazzo, ma anche – e forse di più – ad un adulto. Quello dell’attesa, infatti, è un posto dove si va a finire quasi tutti, prima o poi, o per scelta – o per meglio dire perché non riusciamo a scegliere – o per costrizione, e a me piace pensare a queste parole come ad un monito contro il rischio di rimanere intrappolati in una vita di attesa se non si ha il coraggio di scegliere.