‘La strada non presa’ di Robert Frost: storia di un fraintendimento, di amicizia, di strade e di guerra

Lawren Harris, Algoma Country
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Oggi vorrei parlarvi dell’interpretazione, largamente fraintesa, di una delle poesie più famose di uno dei più famosi poeti americani del Novecento, La strada non presa di Robert Frost, che non a caso è una delle più conosciute di tutta la letteratura americana, soprattutto tra gli anglofoni. Infatti il testo inglese ha una musicalità che purtroppo in italiano inevitabilmente si perde, ma anche se noi lo leggiamo in una veste meno bella, il significato per fortuna rimane.

Robert Frost, La strada non presa –

Due strade divergevano in un bosco ingiallito,
e dispiaciuto di non poterle entrambe percorrere
restando un unico viaggiatore, a lungo ho sostato
e ne ho osservata una, giù, più lontano che potevo
fino a dove curvava nel sottobosco; 
poi ho preso l’altra, ché andava altrettanto bene
e vantava forse migliori ragioni,
perché era erbosa e meno calpestata;
sebbene, in realtà, l’andirivieni
le avesse più o meno ugualmente consumate –
e entrambe si distendessero quel mattino
tra foglie che nessuna orma aveva annerite.
Oh, ho tenuto la prima per un’altra giornata!
Eppure, sapendo come strada porta a strada,
dubitavo che mai ci sarei tornato. –
Con un sospiro mi capiterà di poterlo raccontare
chissà dove tra molti e molti anni a venire:
due strade divergevano in un bosco, e io –
io ho preso quella meno battuta,
e da qui tutta la differenza è venuta.

La cosa divertente è che questa poesia era stata concepita come uno scherzo, ma ha finito per essere presa estremamente sul serio e interpretata come un inno all’anticonformismo, un’esortazione a seguire la via meno percorsa, a condurre la nostra vita lungo i sentieri non battuti dell’individualismo e dell’autoaffermazione.

Tutto questo sulla base degli ultimi due versi: l’autore dice di aver scelto, tra due strade, quella meno percorsa. In realtà poche righe sopra dice che né l’una né l’altra mostravano segni di orme umane ed erano più o meno trafficate allo stesso modo. È probabile che, a volerla leggere in modo allegorico, questa poesia voglia parlare piuttosto della difficoltà di compiere una scelta quando non si hanno elementi per valutare e della forma di pensiero – in cui qualsiasi indeciso si riconoscerà – secondo cui, una volta presa una decisione, ci si dice ‘massì, ci sarà sempre tempo di tornare indietro’: magari non ci crediamo neanche noi, ma ripetercelo ci dà un certo conforto.

In più, non è detto da nessuna parte che la scelta di quella strada abbia portato ad una conclusione positiva: chi scrive sa che si tratta di una scelta importante, che quello sarà un momento a cui in futuro ripenserà come a una svolta cruciale, che ha fatto tutta la differenza, ma non sa – né lo sappiamo noi – se ci ripenserà con un sospiro di tristezza oppure di soddisfazione.

Quindi, se la vogliamo prendere sul serio, probabilmente questa poesia parla della difficoltà di compiere una scelta che a priori si sa essere fondamentale, e se vogliamo anche del fatto che la strada non presa può essere qualcosa che ci tormenta per sempre, un fantasma a cui ripenseremo tra tanti anni chiedendoci dove ci avrebbe portati.

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Lawren Harris, Wood Interior Algoma

Le poesie possano assumere significati diversi a seconda di cosa ci vede chi le legge e questo è un sacrosanto diritto dei lettori, ma in questo caso quello che l’autore voleva dire è stato pesantemente frainteso. Robert Frost, infatti, ha scritto questa poesia con un tono molto leggero: si tratta sostanzialmente di una scherzosa parodia dell’indecisione dell’amico Edward Thomas, col quale pare fosse solito passeggiare nei boschi e che spesso, una volta scelta una direzione ad un bivio, si pentiva della scelta fatta e rimpiangeva la strada non presa, che avrebbe potuto condurli a qualcosa di meglio.

Edward Thomas era a sua volta poeta e il titolo di una sua bellissima poesia è proprio “Strade”: di seguito ne riporto le ultime tre strofe.

Ora tutte le strade portano
in Francia e pesante è il passo
dei vivi; ma danzano leggeri
i morti che ritornano:
 
qualsiasi cosa la strada porti
a me o da me si prenda,
loro mi tengono compagnia
con il calpestio dei loro passi,
 –
affollando la solitudine
dei sentieri sulle colline,
zittendo il boato delle città
e la loro breve moltitudine.

Thomas ha scritto queste parole poco prima di arruolarsi per combattere nella Prima guerra mondiale: non a caso si parla delle voci dei morti e del fatto che tutte le strade portano in Francia. Il richiamo verso il fronte è forte, così come forte è per lui la voce dei fantasmi di quelli che sono partiti e mai rientrati in patria, che tornano a calpestare le strade amate solo sotto forma di fantasmi leggeri  leggeri, nonostante la morte, forse perché almeno sono ritornati a casa, in contrapposizione alla pesantezza di chi invece deve partire, a malincuore, perché ci sia ancora una casa presso cui ritornare.

Thomas, come moltissimi altri giovani, non è più tornato a percorrere le strade della sua Inghilterra: è morto, trentanovenne, combattendo in Francia nel 1917, esattamente cento anni fa.

Non voglio stare qui a rimarcare quanto è stata orribile la guerra, lo sappiamo tutti e non avete bisogno che ve lo dica io. Edward Thomas – e con lui milioni di altri – ha perso la vita durante uno dei periodi più tragici della nostra storia, ma oggi mi piacerebbe onorare la sua memoria ricordando quello per cui si è sacrificato con questi versi, che parlano di serenità e di amore per la propria patria e la propria casa:

Spesso avevo percorso questa strada:
Ma ora mi sembrava di non poter essere
E di non essere mai stato altrove;
Era casa; una nazionalità sola
Avevamo, io e gli uccelli canori,
Una sola memoria.

(Tutte le traduzioni che vi ho proposto qui sono mie, non hanno pretese poetiche, sono più che altro traduzioni di servizio il più possibile fedeli all’originale.)


Se qualcuno fosse interessato ad approfondire la figura di Robert Frost, qui trovate un post che raccoglie alcune sue poesie:

6 poesie di Robert Frost: dov’è l’equilibrio tra natura, solitudine e civiltà?

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