Hokusai, Hiroshige e Utamaro: i miei migliori motivi per scoprire la mostra a Milano

Molto spesso per me scegliere di visitare una mostra equivale ad andare a trovare artisti che già conosco abbastanza bene e che solitamente amo. Un po’ come passare a salutare un vecchio amico, non capita anche a voi di avere quest’impressione?

“Ciao mio adorato Caravaggio, che belli i tuoi ritratti del popolo, chissà se hai finalmente trovato la pace!” – Oppure: “Ciao Vincent (Van Gogh), certo che i tuoi quadri sono davvero commoventi, ma non ti arrabbi a vedere che ora siamo tutti qui in coda per te mentre quando eri in vita nessuno riusciva a capirti?”

Ecco, spero di avere reso l’idea. Tutta questa introduzione è per dire che invece vedere la mostra Hokusai, Hiroshige e Utamaro. Luoghi e volti del Giappone al Palazzo Reale di Milano è stata una grandissima sorpresa. Devo dire che conoscevo già la tecnica di stampa giapponese e alcune opere tra le più celebri, insieme all’ispirazione che hanno tratto dall’Oriente molti artisti europei, come Van Gogh e gli Impressionisti, ma questo è pochissimo se paragonato a ciò che ho visto e scoperto.


Hokusai, Hiroshige e Utamaro. Luoghi e volti del Giappone
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Katsushika Hokusai, il santuario Honganji di Asakusa a Edo dalla serie “Trentasei vedute del Monte Fuji”, 1830-1832.

Duecento xilografie, un video che racconta la tecnica e una bella serie di pannelli esplicativi mi hanno guidato attraverso un percorso esaustivo e completo. Si inizia dalla modesta origine di questa forma d’arte per arrivare a parlare dei grandi maestri e delle tematiche più trattate, raccontate attraverso molteplici opere, da me esemplificate in maniera piuttosto scarna nella galleria sottostante (che vi invito a guardare ingrandita con un click).

Le stampe giapponesi di Hokusai e Hiroshige raccontano soprattutto della natura e delle cultura locale: esistono e si possono vedere serie dedicate alle cascate del Giappone, al Monte Fuji, alle stazioni di posta lungo la strada che congiunge  Kyoto (capitale imperiale) a Tokyo (dove ha sede lo shogunato), ai grandi poeti del passato, ai fiori e agli animali. 

La sala dedicata a Utamaro vede invece come protagonista assoluto il ritratto, che nelle xilografie assume sempre tratti essenziali e bidimensionali che secondo me si addicono particolarmente bene agli antenati di chi ha inventato i celeberrimi manga. (E lo dico da amante del genere, non intendevo essere ironica!)


Attraversare le sale espositive significa assistere al perfezionamento delle stampe, mediante l’introduzione di nuovi pigmenti negli inchiostri dall’Europa (come il blu di Prussia, di origine chimica) e l’utilizzo di lastre di legno lavorate in maniera sempre più raffinata.

Credetemi: vale la pena impegnare un pomeriggio libero per rifarsi gli occhi con queste opere stupende che raccontano quello che è stato il mondo di ieri in un Paese complesso e affascinante come il Giappone, una realtà perduta nel momento stesso in cui noi occidentali abbiamo iniziato a conoscerla e ad inquinarla con la nostra cultura.


Bene, che voi riusciate ad andare a Palazzo Reale in tempo oppure no, spero di rendervi felici nel dire che parlerò ancora di Giappone e di stampe, anche perché ci sono degli interrogativi da risolvere, primo tra tutti il seguente: come si realizza una xilografia?

Se volete saperne di più vi consiglio caldamente di non perdervi la prossima puntata 😉  …Nel frattempo se siete già stati alla mostra e volete condividere la vostra opinione sono ben lieta di sentirla!