Un atto d’amore per Joseph Mallord William Turner

J. M. W. T., Venice, moonrise.

Sinceramente mi interessa davvero poco che il recentissimo film su Turner abbia reso il ritratto di un uomo rude, sociopatico, grezzo e davvero poco in sintonia con le opere che realizza, perché tanto per me quello che conta infinitamente più che ogni altro pettegolezzo o ricostruzione è la mano incantata. E siccome da sole le mani non possono produrre niente, i suoi quadri sono la dimostrazione che dietro alla facciata c’è soprattutto un grande cuore, insieme ad una mente geniale. Ho apprezzato il film per le ambientazioni che ricrea e per l’attenzione che dà alle opere, ma non credo che sia sufficiente uno spaccato del genere, che non indaga sulle cause o sulle radici di determinate condizioni, a fornire la visione completa di un uomo. Come dico sempre, per me sono il percorso di vita insieme alla ricerca personale gli indici per misurare il valore di un artista e, prima ancora, di un individuo.

Eppure oggi non sto scrivendo per recensire il film, e nemmeno per difendere il mio beniamino, ma per pubblicare quelli che per me sono stata una immensa fonte di ispirazione qualche anno fa, ovvero i meravigliosi e affascinantissimi acquerelli di Venezia.

Immaginate una sedicenne che si aggira per una Feltrinelli un pomeriggio dopo la scuola e che si ferma a guardare i libri in offerta. Ecco, quella ero io e la mia scelta, un po’ per caso e un po’ per desiderio, è caduta proprio su “Venezia. Acquerelli di Turner”, volumino snello che è ancora custodito gelosamente vicino al mio letto. Che sorpresa incredibile, avevo scovato una modernità che mai avrei immaginato.

Turner in effetti dimostra che negli acquerelli si può essere liberi, si può lasciare che il pennello corra sul foglio interpretando le macchie di colore senza pretendere di controllare tutto. Se paragonato con gli oli impeccabili che produce negli stessi anni, ci rendiamo conto che esiste un abisso tra l’artista di corte, membro della prestigiosa Royal Academy of Arts, e il viaggiatore instancabile, l’uomo che non si accontenta mai di ciò che vede e insegue il mito romantico di solitario titano che si scontra contro i segreti della natura, riuscendo in molti casi ad uscirne vincitore.

Quello che impressiona infatti è la grande semplicità e spontaneità di questi schizzi, caratteristica a cui noi siamo abituati ma che nella prima metà dell’Ottocento era davvero poco usuale, utilizzata in questi casi in viaggio, per produrre schizzi rapidi che hanno lo scopo di cogliere un’impressione, di fissare un’immagine e ancora di più un’atmosfera da tradurre in un quadro una volta di ritorno a Londra.

Copiarli e ricopiarli al liceo tutte le mattine mi ha avvicinato in maniera inaspettata al mondo dell’arte e della bellezza, perché la complessità di questi lavori all’apparenza così semplici si coglie proprio nel momento in cui si entra nel vivo, quando si cerca di riprodurre quelle che sembrano due pennellate, o una normalissima sfumatura.

Per concludere, posso dire che quello per Joseph Mallord William Turner è stato un amore destinato a durare, visto che la stessa sedicenne di cui ho parlato circa cinque anni dopo, in un mercatino dell’usato di Stoccolma, ancora non è riuscita a resistere all’ennesimo libro su questo artista, questa volta sugli schizzi dei quaderni di viaggio, per la seduzione del tratto di questo incredibile maestro.