Oggi esordisco con lo slogan di un movimento artistico che ormai ha più di un secolo, che è nato per aspirare all’eterno ma è finito per essere superato nell’arco di pochi anni.
Sto parlando della Secessione viennese, ovvero quello che succede quando in un clima di vivacità intellettuale le accademie di arte e architettura della capitale dell’Impero Asburgico continuano a propinare le solite discipline classicheggianti e banali. Una tale rigidità convince nel 1897 menti brillanti come Gustav Klimt e Otto Wagner a separarsi per fondare una secessione di artisti indipendenti e capaci, volti alla creazione dell’opera d’arte totale.
Come gli Impressionisti a Parigi nei Salons des Indipendents insomma, soltanto decisamente più visionari. Sulla questione dell’opera d’arte totale oggi non mi dilungherò, tralasciando gli esiti catastrofici in architettura e il sarcasmo di un signorino come Adolf Loos (scrittore de Ornamento e Delitto, per capirci) perché voglio parlare di un altro artista, di un altro architetto per la precisione: il giovane Joseph Maria Olbrich (dico giovane perché anche lui fa parte del club dei geni morti piuttosto giovani, a 41 anni per la precisione).
Nel Palazzo della Secessione si esprime tutto il simbolismo e l’ossessione di questa generazione, che nonostante tutto soffriva della crisi fin du siècle e iniziava ad accusare un po’ di stanchezza della vita su una giostra tra la belle époque e l’imperialismo con le sue politiche di potenza.
Ci sono i riferimenti alla cultura classica, leggibili tra le civette, gli allori e le Gorgoni, i particolari fiabieschi costituiti dagli animali riprodotti e infine le scritte: Ver Sacrum (Primavera sacra) e, per l’appunto, il titolo del mio pensiero di oggi. Esiste poi la modernità dei volumi e del loro assemblaggio, insieme alla freschezza di un lessico architettonico che non è ancora vincolato a regole stilistiche.
Se andate a Vienna, fermatevi a vederlo e fotografatelo su tutti i lati, perché garantisco che ne vale la pena.
E pensate a Olbrich, a questi ragazzi che cento anni fa credevano in un futuro fatto di bellezza e cultura, che immaginavano di poter vivere in una colonia di Artisti (a Darmstadt, progettata dallo stesso Olbrich), lontani dalla guerra che presto avrebbe distrutto tutto e fatto crollare quello che allora era un impero secolare.
Se poi volete approfondire il tema della Secessione viennese, ecco alcuni post dedicati a questo argomento:
- Quando il troppo stroppia: dall’eclettismo più sfrenato alla rivoluzione in stile floreale
- Alla ricerca dell’Opera d’arte totale: intensità e follia in equilibrio tra due secoli
- Sulle tracce della “Vienna fin du siècle”: quattro mete da non perdere!
- Metropolitane verdi e guerre contro le decorazioni: anche questa è la Vienna fin du siècle
- Il ritratto di Adele Bloch-Bauer I: storia di un capolavoro di Klimt
- Per andare oltre il bacio: i paesaggi di Gustav Klimt